IL TEMA DELLE EROGAZIONI BANCARIE AL TEMPO DEL CORONA VIRUS
Mi occupo di rapporti banca impresa da circa 21 anni, ho constato come vi sia stato un cambio di impostazioni negli stessi, principalmente dovuto alle dinamiche obbligate dai ‘famosi’ parametri di Basilea 2 e Basilea 3.
L’impostazione del rating, concetto obbligatorio perché all’interno delle dinamiche basate sugli accordi di Basilea (2) ha portato la banca ad una maggiore attenzione relativa all’erogazione, già da qualche decennio, trasformando la banca, la filiale in un vero e proprio ‘negozio’ di vendita di servizi finanziari.
C’è da sottolineare come il sistema di finanziamento al quale da sempre le aziende attingono le liquidità necessarie per lo svolgimento delle loro attività imprenditoriali, in un meccanismo sia per lo sviluppo, l’investimento e la crescita aziendale, ma anche nei momenti di difficoltà per il sostentamento e la copertura dei costi è oggi un mero ricordo. Infatti la tendenza che si è consolidata negli ultimi anni circa l’inversione del ciclo dei profitti, riducendo il potenziale dello sviluppo autonomo delle aziende, ha rafforzato l’influenza degli enti creditori nell’economia del Paese dando un potere enorme alle banche stesse.
Questa crisi economica da covid, che ha colpito in gran parte la piccola media impresa, con l’aumento esponenziale dei fallimenti avuti negli anni passati e certificati dai dati Istat, relativi a questa voce, ha ingenerato di conseguenza nelle banche l’aumento delle perdite sui crediti alle aziende, complicando i rapporti tra il mondo della Finanza e la realtà imprenditoriale italiana. I recenti casi di cronaca non cessano di mostrare come il rapporto Banca-Impresa sia sempre più teso e ai limiti delle responsabilità penali: istituti di credito implicati a loro volta in importanti crack finanziari e imprese mantenute in vita grazie a discutibili attività di finanziamento.
Tutto ciò, ha messo in risalto, come l’istituzione bancaria abbia perso quel profilo sociale che la rappresentava. Vero è che la banca avrebbe dovuto sempre attenersi ai principi di correttezza e diligenza, tipici della sua attività, situazione non applicata, dopo le verifiche dei recenti simil-crack di alcuni istituti (vedere Vicenza, Bari, ecc.). A mio avviso, il rapporto di concessione del credito tra istituto e impresa non si esaurisce in sé stesso, ma presuppone un profilo di rilevanza pubblicistica: ovvero l’affidamento del terzo circa la precisa erogazione del credito da cui discende l’affidamento circa la solidità dell’impresa finanziata.
E’ anche vero che, se alla fine del secolo scorso gli istituti di credito sembravano aver acquisito giuridicamente una situazione privilegiata in ordine alle responsabilità nei confronti del cliente e dei terzi, in questi ultimi anni, le vicende giudiziarie dimostrano come i Giudicanti hanno compiuto la scelta di sanzionare in termini di responsabilità il comportamento della banca per gli eventuali danni causati al cliente e ai terzi nell’esercizio dell’attività: l’ingiustificata revoca dell’affidamento, il caso di abusiva concessione di credito, nonché tutti i casi in cui la banca concorra a diverso titolo nei c.d. reati fallimentari.
In un momento ‘Covid’ come questo è fondamentale quanto indicato nel decreto Cura Italia, infatti l’importanza e la responsabilità della banca, inserite nel decreto stesso, riportano la banca ad avere un atteggiamento di massima attenzione nei confronti di colui il quale effettua la richiesta per evitare eventuali problemi successivi.
Al riguardo sorgono alcuni dubbi, che spingeranno a riflessioni successive più profonde:
1.
La ‘partita iva’ finanziabile ora non è certo
abbia un ciclo di vita nel periodo indicato come durata del finanziamento.
2.
La responsabilità oggettiva e soggettiva del
deliberante è normata da tempo, da una serie di leggi che fanno parte del Testo
Unico Bancario, e di eventuali successive modifiche, perché in questo preciso
istante storico si fa attenzione maniacale all’erogazione della liquidità?
3.
Non era il caso di erogare incondizionatamente a
tutti senza alcun controllo, considerando il punto 1 e avendo contezza della
garanzia dello Stato come ultima ratio?
4.
Il confronto con altri paesi europei non è
praticabile, proprio perché in Italia vige il TUB. Infatti, ad esempio, in
alcuni ordinamenti europei, quali quello francese o belga, il profilo di
responsabilità extracontrattuale della banca non assume di certo caratteri di
straordinarietà, si consideri che con le codificazioni dell’Ottocento si apre,
nei paesi dell’Europa Continentale, e nonostante la base comune romanista, una
netta divaricazione fra il modello francese, adottato dal Code Napoléon
del1804, e il modello tedesco, elaborato dalla pandettistica e confluito alla
fine del secolo nel BGB. Il primo opta per la atipicità dell’illecito,
innovando rispetto al diritto romano, il secondo per la tipicità dei casi di
responsabilità extracontrattuale restando maggiormente fedele alle fonti
romanistiche.
5.
TUB e parametri di Basilea si fondono sempre di
più con il passare degli anni, ma questa fusione tra pratica e legislazione
riportano ad un mix ingestibile nel ns. paese, facendo considerarci la banca
sempre di più come un ente profittatore rispetto al bisogno di liquidità della
partita iva.
Tutto ciò sopra indicato si basa,
anche, ma non solo, sull’articolo del codice civile 2043 che indica ‘qualunque
fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui
che ha commesso il fatto a risarcire il danno [2058], pertanto la concessione
abusiva del credito, è ovviamente bivalente, nell’ambito giuridico, vi può
anche essere una visione ‘al contrario’.
Se si approfondisce la sentenza
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 7030/2006 la Corte individua
una duplice responsabilità in capo alla banca in ordine al danno subito da
abuso di credito: una di natura extra-contrattuale in capo ai terzi, e una di
natura contrattuale derivante da un danno diretto cagionato al patrimonio della
stessa società fallita.
Quindi nell’ambito del decreto
Cura Italia vi è una doppia arma, una a favore della banca, certamente ben
carica e molto più potente, ma vi è anche un’arma a favore dell’azienda, arma
più piccola ma capace, comunque, di creare un danno alla struttura finanziaria
che non può, o non vuole erogare, il credito, lasciando la partita iva (di
qualunque entità essa sia) al suo destino.
Dott. Mario Mirabelli
Centro Servizi San Geminiano
Modena
Fonte:
ISTAT
Broccardi.it
Dirittopenaleglobalizzazione.it
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