giovedì 6 settembre 2012

ITALIA, IL TREND DEI PAGAMENTI

Il trend dei pagamenti in Italia.
Sono considerati i valori medi di ritardo alla scadenza concordata con valori e termini %  rispetto, si ribadisce, al periodo pattuito.

Viene considerata, sempre in termini % l'analisi sul ritardo dai 30 giorni successivi rispetto a quanto in termini di periodo era stato pattuito.

C'è o non c'è una loro indiscussa ricaduta sul sistema economico?


                                                                       2007      2008    2009    2010   2011   2012*

Pagamenti alla scadenza concordata, in %         50,8       49,6      43,7    40,8    38,6   34,2*

Pagamenti con ritardo superiore 30gg., in %      11,1       15,0      17,1    18,5    20,8   26,8*


Il dato del 2012* è un dato stimato.

martedì 4 settembre 2012

BASILEA TERZA CITTA' DELLA SVIZZERA. E NON SOLO

Basilea, 1 - 2 - 3 STELLA!

Basilea e i suoi parametri hanno inciso nella gestione della crisi da parte delle Banche?

Parto dalla fine.
Mentre le grandi società finanziarie e le grandi industrie si sono rivolte al mercato delle obbligazioni con l'emissione di corporate bond per reperire capitali, per tutte le altre realtà il canale dell'indebitamento bancario è stata una condizione assolutamente obbligata, con il meccanismo altrettanto forzoso di rispettare le necessarie condizioni poste dalla regolamentazione internazionale di Basilea.
Quindi, le nuove regole di Basilea hanno rappresentato e continuamente lo faranno, un rischio per le Pmi, sia per una minore disponibilità di credito e sia per il suo spropositato costo.
Ciò ha incrementato e messo in ginocchio ulteriormente tutto (tutto) ogni settore industriale. 

In pratica tutto si sviluppa sull'effetto dell'aumento di patrimonio richiesto alle banche mantenendo, le banche stesse parità di asset.
Ad esempio le banche italiane indipendentemente dai parametri di Basilea (uno o due o tre) hanno già da qualche anno erogato credito a soggetti sempre meno rischiosi.
Infatti gli istituti di credito a parità di capitale hanno, dall'introduzione dei parametri di Basilea, avuto sempre due possibilità: o erogare di meno (ma ciò era impossibile visti alcuni accordi bancari e interbancari) oppure scegliere soggetti che hanno una capacità creditizia migliore e offrono maggiori garanzie (qui, poi, subentrano tutte le analisi, su rating interno, scoring, punteggi e affini vari, trattate a parte).
Arrivando al punto che le regole ferree si sono già rivoltate contro l'intero sistema delle imprese creando un irrigidimento delle posizioni sul tema del rigore.

Questo rigore nel sistema istituzionale e finanziario attuale, per rendere più trasparenti ed efficenti i meccanismi di concessione del credito da parte delle banche alle imprese, chiede sostanzialemente che le stesse banche aumentino i coefficenti di patrimonializzazione anche rispetto alle indicazioni della precedente Basilea 2 (i core tier), chiede inoltre, che vengano elaborati piani di intervento più oculati nella valutazione dei rischi degli interlocutori e chiede che si facciano parte in causa dei costi operativi legati a tutte le fasi di erogazione dei finanziamenti.
Le conseguenze sono state una maggiore copertura dei rischi ma anche un sensibile aumento dei costi che sono stati fatti totalmente ricadere sulle Pmi.

 Oggi 4 settembre 2012 questo link:
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-09-04/basilea-spirale-confusione-063607.shtml?uuid=AbpNR7XG
Il sistema finanziario globale, sempre più complesso e basato su strumenti di misurazione dei rischi molto sofisticati, ma intrinsecamente fragili. 
Il clamoroso fallimento dei modelli di valutazione dei titoli strutturati è la prova provata che si estrapolavano rischi futuri da una base statistica gravemente inadeguata. Il problema è che il regolatore si è illuso di poter inseguire la crescente complessità del mondo finanziario con regole sempre più complesse, per le tre versioni di Basilea si passa da 30 pagine a 347 a 616 di Basilea 3.
Haldane sostiene infatti che la sofisticazione di Basilea ha di fatto aumentato l'opacità: perché i metodi di ponderazione dei rischi e di definizione del capitale sono troppo eterogenei, applicati dai regolatori nazionali con criteri troppo diversi per consentire al mercato di distinguere fra le banche solide e quelle fragili. 
La regola semplice (un limite all'indebitamento complessivo, cioè fra totale dell'attivo e capitale "vero") è stata introdotta solo da Basilea 3, entrerà in vigore gradualmente ed è ancora insufficiente, perché un leverage pari a 33 volte è ancora gravemente inadeguato. 
Insomma, non solo il capitale delle banche è disciplinato in modo intrinsecamente sbagliato, ma è ancora del tutto insufficiente. Togliamoci dalla testa, è l'inevitabile conclusione, che avendo aggiunto un terzo piano alla torre di Basilea abbiamo reso l'edificio più robusto. Aumenta solo la confusione, conclude l'autore giocando sull'assonanza Basel-Babel. Un'ampia analisi statistica dimostra che la crisi finanziaria avrebbe potuto essere fronteggiata assai meglio con poche regole chiare.
Questa analisi è esplicita su tutto ciò che sono i calcoli intrinsechi di Basilea, quei calcoli che se fossero stati ben gestiti avrebbero portato vantaggio sia alle Pmi che alle Banche, così come nella prima impostazione di Basilea formata da 30 pagine e con contenuti di matematica finanziaria di rilevanza non solo teorica ma anche pratica.
Mario Mirabelli
Centro Studi Analisi Statistiche - Modena
 

domenica 2 settembre 2012

I FALLIMENTI DELLE AZIENDE E COM'E' STATO AFFRONTATO IL PROBLEMA DALLA POLITICA LOCALE E NAZIONALE

TUTTI, MA PRINCIPALMENTE A LIVELLO LOCALE, E POI ANCHE NAZIONALE, SI ACCORGONO ORA DELLA SITUAZIONE FALLIMENTI AZIENDALI.
SE NE ACCORGONO ORA, ALLA FINE DI UNA CALDA ESTATE 2012, MA LO AVEVO GIA' SCRITTO NEL 2008!
ANCHE PERCHE' I DATI STATISTICI, COME SEMPRE SE BEN LETTI E BEN UTILIZZATI, ERANO CHIARI GIA' DA ALLORA.

LA RICERCA EFFETTUATA DAL MIO CENTRO STUDI, CON SEPPUR LIMITATE FONTI ECONOMICHE, NEL 2008 RIPORTATA QUI INTEGRALMENTE - ARTICOLO APPARSO IL VENERDI' 10 OTTOBRE 2008 PAG. 13 TRATTO DA L'INFORMAZIONE DI MODENA - DESCRIVEVA UNA SITUAZIONE CHE ALLA LUNGA POTEVA CREARE DEI PROBLEMI, SIA DA UN PUNTO DI VISTA POLITICO E SIA DA UN PUNTO DI VISTA SOCIALE, SE NON SI INTERVENIVA.
A LIVELLO LOCALE QUEL !GRIDO DI ATTENZIONE!, QUELLA SEGNALAZIONE E' RIMASTA LI'.
NON SOLO L'HO SCRITTO NELLE COLONNE DI QUEL QUOTIDIANO, MA NE HO PARLATO NEL MIO LIBRO 'MA COME SIAMO MESSI - INDICAZIONI STATISTICHE SULL'ANDAMENTO DELL'ECONOMIA - ED. TERRA E IDENTITA', ED ANCHE LI' HO RICEVUTO SOLO CRITICHE BASATE SUL NULLA, ANCHE PERCHE' OGGI I NUMERI NON FANNO ALTRO CHE DARMI UNA MAGRA ED INUTILE RAGIONE PROFESSIONALE.

ALLA FINE NULLA E' STATO FATTO NE' IN QUESTI ULTIMI QUATTRO ANNI, NE' TANTOMENO NEI PRECEDENTI 15 PER EVITARE UN TRACOLLO DI QUESTO TIPO. 
ANZI, SI E' SEMPRE CONSIDERATO IL PROBLEMA DEI FALLIMENTI UN 'NON PROBLEMA', SCARICANDO LE RESPONSABILITA' OGGETTIVE DELL'AZIENDA FALLITA, SOLO PRINCIPALMENTE SULLA PROPRIETA' CHE QUELL'AZIENDA AVEVA GESTITO SINO A QUEL MOMENTO.
NON SI SONO MAI DATE RESPONSABILITA' AD ALTRI ATTORI, TIPO: BANCHE, SINDACATI, PROFESSIONISTI GESTORI DI NUMERI AZIENDALI.

TUTTO SOTTOVALUTATO PER IGNORANZA STATISTICA DA PARTE DI CHI POTEVA INTERVENIRE.
STATISTICAMENTE PARLANDO INFATTI NON TUTTE LE AZIENDE ERANO E SONO NELLA CONDIZIONE DI ESSERE SALVATE TRAMITE UNA CORRETTA POLITICA SOCIALE ED AMMINISTRATIVA INTERNA, MA POSSO AFFERMARE, DATI ALLA MANO, SENZA CORRERE IL RISCHIO DI ESSERE SMENTITO, CHE UN BUON 40 % DI AZIENDE POSSONO ESSERE SEMPRE SALVATE DAL FALLIMENTO.

OGGI SI CERCA DI EVITARE CHE I 'BUOI SCAPPINO DALLA STALLA' MA ORAMAI LA STALLA E' VUOTA E SI E' INNESCATA QUELLA SPIRALE DI CHIUSURE AZIENDALI CHE PORTERANNO PIANO PIANO AD UNA RIDUZIONE DEI POSTI DI LAVORO E AD UN INTERVENTO POLITICO, CHE ALTRO NON E' CHE IL SISTEMA DI RACCOGLIERE L'ACQUA DEL MARE CON UN CUCCHIAIO.

PER CHI DESIDERA INVIERO' IL FILE PDF CON L'ARTICOLO IN ORIGINALE: mariomirabelli1@gmail.com


CRISI Nei primi sei mesi del 2008 sono il 7% in più rispetto allo stesso periodo del 2007
 

Imprese, crescono i fallimenti
 

Ma il saldo delle aziende modenesi a fine anno sarà positivo

di Mario Mirabelli*

In relazione ai nuovi dati numerici
che arrivano da vari
ed autorevoli fonti,oltre che
ufficiali di Unioncamere,e da
una ricerca effettuata dal Centro
Studi sui fallimenti,risulta
una preoccupante inversione
di tendenza:dopo un calo costante
nel triennio 2005-
2007,frutto anche della riforma
della legge fallimentare,
nei primi sei mesi del 2008
rispetto al corrispondente semestre
del 2007 si ha un incremento
di fallimenti del
7% circa.Mentre si ha un 20 %
in più di richieste di adesioni
al concordato rispetto al
2007.
Non è una impennata,sarebbe
stata tale e per giunta
preoccupante se il numero di
aziende in ‘crisi d’impresa’sarebbe
stato racchiuso in cifre
percentuali doppie.È d’obbligo
sottolineare che si è fatto
sentire l’effetto perseguito dal
Dlgs.169/07,che deve svolgere
il ruolo di maggior tutela
nei confronti dei creditori.
A Modena e provincia si
passa dalle poco meno di 70
aziende fallite nel 2007 a circa
lo stesso dato rilevato al solo
settembre del 2008.
La media decennale sempre
riferita a Modena e provincia
con dati del Tribunale
di Modena vengono indicate

 nel decennio 1990-1999 poco
meno di 166 fallimenti
(165,8 per la precisione)
mentre per il periodo 2000-
2008 ne vengono indicati
99,4.
Inoltre basti pensare che a
livello nazionale nel 2005 le
imprese per le quali era stata
avviata una procedura concorsuale
erano in totale poco
meno di 10.000 mentre nel
2007 poco meno di 4.900.
Mentre nel I° Semestre del
2008 sono ‘già’meno di 5.000.
Lo studio delle crisi d’impresa
e le ricerche effettuate
forniscono un dato che porterà
ad un incremento totale
da considerarsi ovviamente
come dato finale stimato per
l’anno corrente superiore al
9% rispetto al dato finale del
2007.
La volontà di costituire una
raccolta di documentazione e
dati relativi alla crisi d’impresa
è motivata dalla conoscenza
di una dimensione puntuale
del fenomeno aziendale
caratterizzata da uno sforzo
teso ad individuare tutti gli

stati ‘patologici’in cui può trovarsi
l’impresa,che deve comunque
essere analizzata sia
dal punto di vista economico
che giuridico.
La nostra regione a differenza
dello scorso anno dovrebbe
perdere due posti nella
classifica delle crisi,superata
da due regioni meridionali
Campania e Puglia.
Anche questo è comunque
un dato che dovrà essere statisticamente
raffrontato con il
numero di aziende neonate
dell’anno 2008,l’Emilia Romagna
terminerà l’anno ai
primi posti per numero di
aziende neo costituite rispetto
al numero di quelle cessate.


CENTRO STUDI ANALISI STATISTICHE - MODENA





TRATTO DA L'OPINIONE DELLE LIBERTA' DEL 15 APRILE 2008 L’INDEBITAMENTO PRO CAPITE NEL BELPAESE Come si finisce nella lista nera

L'Opinione delle Libertà del 15 aprile 2008
 
L’INDEBITAMENTO PRO CAPITE NEL BELPAESE
Come si finisce nella lista nera

In questi giorni stanno comparendo su vari giornali i dati relativi alla possibilità da parte di molte famiglie di non riuscire a pagare mutui o finanziamenti in genere, ed essere pertanto inseriti nelle famose black list (lista nera) dalle quali, purtroppo, è difficile uscire. Il Centro studi ha effettuato una indagine ben specifica, relativa alla tipologia di mancato pagamento del finanziamento richiesto.
Va fatta una premessa, le famiglie italiane, rispetto alle famiglie degli altri paesi dell’Unione, sono quelle indebitate per circa l’80% delle proprie capacità. Significa, ad esempio, e per stare in termini di cifre, che un operaio che guadagna 1.000 euro netti ha di questi, ben 800 euro, che utilizza per pagare debiti, quindi carte di credito revolving, mutui personali, mutui casa e via dicendo.
Rimangono spendibili 200 euro (duecento!!) utili per le spese correnti. Più cresce la retribuzione ovviamente, sia essa dell’operaio che del dirigente, più aumenta in quasi esatta proporzione la propria posizione debitoria.
Il focus della discussione relativa allo studio non è legato alla capacità di rimborso, ma alla qualità sia del rimborso e, principalmente, alla tipologia del finanziamento richiesto ottenuto. I casi subprime americani devono far ragionare, infatti se non si paga qualche rata del mutuo, la casa che rappresenta un bene primario, oltre che tangibile, per chi presta denaro in tutto il mondo, viene riassorbita dalla società finanziatrice (sia essa banca o finanziaria a sé).
Pertanto la finanziaria o la banca, non fa altro che riprendersi il bene e si ripaga abbondantemente di ciò che non ha ricevuto. E, ovviamente si viene inseriti nella famosa black list. In Italia risultano inseriti nella “lista nera”, sono quindi giudicati come cattivi pagatori, anche coloro i quali hanno fatto un finanziamento per 24 mesi relativo all’acquisto di prodotti generici, quindi non utilizzatori del credito al consumo per abbellire e/o rinnovare la propria abitazione, ma per l’acquisto di una vacanza o di oggetti tecnologici o di altro che può essere definito superfluo.
Ma che, se induce il cliente a firmare una serie di richieste, evidentemente tanto superfluo non è!
Quando si acquista un bene o un servizio grazie ad un finanziamento avviene che il consumatore stabilisce con una banca o con una società finanziaria una dilazione di pagamento destinata all’acquisto di un bene o un servizio. Pagherà a rate al finanziatore. La banca o società finanziaria pagherà subito l’intera somma al venditore.
Il venditore consegnerà subito il bene o servizio al consumatore. Questo tipo di finanziamento, quando riguarda solo i consumatori in quanto persone fisiche e per soddisfare bisogni di acquisto delle famiglie, al di fuori di ogni attività professionale, prende il nome di credito al consumo. Così come avviene per i mutui, i fidi, e i leasing, anche tutte le operazioni di credito al consumo danno luogo ad una serie di passaggi di informazioni tra gli istituti finanziari e le banche dati specializzate, una volta note con il nome di “centrali rischi” e ora denominate Sistemi di Informazioni Creditizie (Sic).
I Sic raccolgono e conservano queste informazioni. Le banche dati (Sic) che raccolgono le informazioni sull’accesso al credito dei cittadini e delle imprese e sull’andamento dei rapporti di credito nel tempo, fino all’estinzione, vengono alimentate dalle banche e dalle società finanziarie che ricevono le richieste di finanziamenti e che li concedono.

Vediamo la situazione del credito al consumo pro-capite in Italia confrontata con l’Europa e gli Stati Uniti. In America, a fronte di un debito pro-capite pari al corrispettivo di 7.900 euro, il 67% viene utilizzato per viaggi, mentre in Italia a fronte di una media europea di debito pro-capite di 2.
200 euro (di cui utilizzati per la casa l’82 %) si ha un debito pro-capite di 2.800 euro di cui, per la casa, è utilizzato il 73%. Pertanto abbiamo un utilizzo dei finanziamenti per l’abitazione simile agli Stati Uniti ma una posizione debitoria più bassa. Inoltre si ha una media europea di tassi di interesse sul credito al consumo che si avvicina all’8 % mentre in Italia siamo intorno al 9,5 % e in America vicino al 9 %.


Centro Studi Analisi Statistico Economico Finanziarie Commerciali Modena
Mario Mirabelli
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Il Mifid e le sue conseguenze. La gestione del risparmio TRATTO DA L'OPINIONE DELLE LIBERTA' DEL 17 APRILE 2008

Un articolo su l'Opinione delle Libertà relative alla Mifid. 17 aprile 2008

Il Mifid e le sue conseguenze
La gestione del risparmio
C’è qualcosa di nuovo nel mondo dei fondi italiani, anzi d’antico. Si teme infatti che l’industria del risparmio gestito vada ko e che si possa arrivare nel settore a un danno complessivo di 170 miliardi di euro (stima di Borsa e Finanza) che, dopo aver stremato le gestioni patrimoniali in fondi (Gpf), si allarghi alle gestioni patrimoniali mobiliari (Gpm).
Già il 2007 si era chiuso con una raccolta netta dei fondi promossi da intermediari italiani (fossero di diritto estero o italiano) che presentava un rosso da 53,1 miliardi di euro. Il campanello d’allarme poi è scoccato con la cifra record di riscatti a gennaio 2008: un deflusso da 19,1 miliardi di euro che ha finalmente smosso le autorità sull’argomento e spinto la Banca d’Italia e la Consob a mettere mano all’annoso problema.
D’altronde la crisi del risparmio gestito all’italiana è ormai tanto grave che qualcuno teme che, più che un campanello d’allarme, quello di inizio anno sia stato il rintocco di una campana a morto. Qualcun altro, però, si è già rimboccato le maniche e ha cercato, in buona o cattiva fede, di trovare nuove soluzioni a questa vecchia crisi.
Finisce così sul banco degli imputati la Mifid, la direttiva europea sui mercati finanziari, (Market in Financial Instruments Directives) che rende quasi impossibili le retrocessioni, ossia i versamenti delle commissioni o di loro quote dalle Sgr (Società di risparmio gestito) alle banche che le controllano.

Anche perché non ha altro obiettivo che creare un unico mercato all’interno dell’Unione Europea per le transazioni degli strumenti finanziari, per aumentare la sicurezza degli investitori e promuovere la competizione in Europa. In pratica la società di gestione del risparmio, ossia quella con cui le famiglie o le aziende hanno a che fare quando comprano o vendono quote di fondi e altri strumenti finanziari, versa tramite la retrocessione (in inglese inducement) una percentuale notevole delle commissioni alla banca madre, ossia alla banca che la controlla.
Le retrocessioni non sono altro che “oneri impropri”. Un sistema diffuso di sfruttamento delle proprie Sgr, insomma, che però adesso la Mifid rischia di far saltare e che quindi ha già spinto le banche a correre ai ripari, col rischio di affondare la già malata industria del fondo italiano. Le banche, infatti, hanno cominciato a smontare i propri fondi per cercare delle soluzioni alternative.
I vari gestori temono che, essendo diventati meno convenienti per le banche e godendo purtroppo di prestazioni per vari motivi assai inferiori a quelle della concorrenza straniera, sia suonata l’ora della ritirata. Per il risparmiatore il rischio rimangono i prodotti della finanza strutturata, delle assicurazioni e dei prodotti “a capitale garantito o protetto, ovvero con strumenti con una struttura dei costi più opaca” (definizioni di Assogestioni).

Potrebbe infatti essere questo - è il timore di Assogestioni - l’unico nuovo lido possibile per il pubblico risparmio. Si potrà certo dire che la tassazione italiana a volte svantaggia i fondi nazionali su quelli esteri. Si potrà anche dire che il clima pesante delle borse non favorisce i fondi a componente azionaria.
Di certo, però, le prestazioni dei fondi italiani sono da anni inferiori ai benchmark. Di certo la struttura integrata fra banche ed sgr ha destato più di un sospetto di conflitto di interessi. Di certo, in definitiva, il rendimento di questi strumenti (di diritto estero o nazionale che fossero) si è dimostrato inferiore a quello dei colleghi esteri.
Sembra dunque difficile che i risparmiatori italiani possano un domani rimpiangerli. Non diamo la colpa del loro fallimento alla Mifid, però. Anche se da un recente sondaggio effettuato in Emilia Romagna, il 73% degli investitori non ha notato alcun vantaggio nella gestione tramite Mifid dei propri investimenti a fronte di un dato nazionale che si avvicina al 79%.
Mentre ben il 91% vorrebbe evitare di compilare il modulo ma avere garanzie precise su ciò che va a sottoscrivere, individuandole in termini di guadagni reali.

 MARIO MIRABELLI

CENTRO STUDI ANALISI STATISTICHE - MODENA


17 Aprile 2008 - Notice: Undefined index: 10 in /www-root/www-opinione-it/articolo.php on line

BANCHE Adesso i clienti sono sconcertati. Hanno perso una figura di riferimento. TRATTO DA L'OPINIONE DELLE LIBERTA' 22 MARZO 2008

ECCO QUELLO CHE SCRIVEVO SU L'OPINIONE DELLE LIBERTA' 22 MARZO 2008
BANCHE 
Adesso i clienti sono sconcertati. Hanno perso una figura di riferimento
Che fine hanno fatto i direttori
C’era una volta… Era così che iniziavano le favole. Così ricordiamo che c’era una volta il direttore della banca a sportelli locali o nazionali che, sia dietro richiesta dell’imprenditore e sia per ogni esigenza dell’artigiano, forniva il denaro a condizioni che l’artigiano/imprenditore ignorava (per mancanza di tempo, capacità e anche per totale fiducia nei confronti dell’istituzione Banca e di riflesso dell’interlocutore che questa stessa gli forniva).
Quindi era un “do ut des” tra cliente e fornitore, l’uno “offriva” l’altro “prendeva” e soddisfaceva il suo bisogno imprenditoriale consistente nell’acquisto del macchinario innovativo o l’investimento strutturale e produceva, produceva, produceva…… e l’economia girava. Il Direttore era una figura che andava a fiuto guardando negli occhi l’imprenditore, conosceva la famiglia, vedeva le mani consumate e concedeva in piena autonomia più o meno qualsiasi cifra.
Non esistevano “voti” da parte della banca dati ai clienti, né tanto meno budget che il direttore doveva gestire nell’arco dell’anno, era tutto fatto alla buona ma sempre in maniera più che professionale. Sia che l’artigiano avesse alle spalle una famiglia ricca e macchinari all’avanguardia, sia che fosse una persona qualunque con velleità imprenditoriali, veniva agevolato e la banca era considerata come un’istituzione; il direttore era come il parroco o come il sindaco, sia nel piccolo paesino sia in città.
Il direttore dava sempre e comunque una mano! Era sereno e un po’ burocrate, questo fino alla fine degli anni Novanta, inizi del nuovo secolo. Appunto c’era una volta… e oggi?
Oggi? Il funzionario di banca o direttore, se gli va bene è rinchiuso nel backoffice centralizzato (i famosi poli, nel vero senso della parola, alquanto gelidi e con un marcato senso di solitudine), altri già in prepensionamento, altri ancora sulle strade, con patentino di promotore finanziario a procacciare nuova clientela per le stesse banche.
Non si vuole difendere qui, una categoria che non ha mai goduto di grandi simpatie, né tanto meno prendere le loro difese, ma il declino del bancario nella scala delle professioni si accompagna ad una profonda frattura di valori e opinioni esistente tra la base dei lavoratori (la cosiddetta rete) e il vertice degli istituti di credito, frattura che non ha paragoni in alcun settore.
Si tratta di associare la crisi di identità che affligge decine di migliaia di direttori di banca alla modesta qualità del servizio alla clientela, in particolare nelle grandi banche nazionali, e al fenomeno strisciante ma significativo dell’aumento delle perdite sui crediti di piccola e media dimensione.
Si tratta di dare un perché ai tanti clienti, che rimpiangono il vecchio direttore di banca, sconcertati dalle rotazioni continue di personale di filiale e stanchi di nuove strutture e banche specializzate che non si parlano tra loro, o stanchi dell’inserimento di nuove giovani figure bancarie che sposano il budget “da fare a tutti i costi” adottando un minaccioso rapporto con il cliente, sia esso solido o meno, ed un modo di fare banca che non è banca.

E da ultimo, indirettamente spiegare a tutti i clienti, la tenuta e la crescita delle piccole banche locali, che avrebbero dovuto cedere il passo per assenza di scala dimensionale e invece, fortunatamente e nella gran parte dei casi, continuano ad accogliere clientela insoddisfatta dai grandi operatori bancari.
Oggi il 95% delle nuove leve chiede al nuovo ed al vecchio cliente garanzie reali, spesso difficili da reperire e i parametri che vengono usati per gestire bancariamente una nuova azienda fanno capo a Basilea 2. Tramite l’applicazione dei principi di “Basilea 2” viene identificata la proposta di revisione della normativa sull’adeguatezza patrimoniale degli istituti di credito, prevista, per l’appunto, dal Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, nell’obiettivo di tutelare la banca negli eventuali rapporti con clienti inadempienti e inaffidabili.
Nel caso di una nuova attività vengono richieste le firme di tutta la famiglia o ancora proprietà immobiliari e/o titoli giacenti in un’altra struttura bancaria. Mentre nel caso in cui l’attività sia già esistente, vengono richieste garanzie relative alla conduzione aziendale attuale e in prospettiva si valutano le possibilità produttive e di crescita future.
Fortunatamente c’è quel 5% di nuove leve che sa fare banca e guarda ancora i progetti imprenditoriali e i sogni dell’imprenditore stesso, sia esso alle prime armi o navigato.
Se ci fosse stato il vecchio funzionario di banca sicuramente non ci sarebbero stati rapporti di chiusura di conti correnti con indicazioni di 1 conto chiuso ogni 8, dai dati sulla cosiddetta customer retention, cioè la capacità degli istituti di credito di trattenere i correntisti. I dati sono riferiti al 2006, mentre per il 2007 il dato definitivo è di ben un conto corrente chiuso ogni sette.
Non è questione subprime. I dati del periodo subprime li conosceremo a fine anno, e certamente ci dovremo allarmare di più. E’ che la banca è diventata un’azienda che deve far profitto, sempre e di più. Devono essere vendute azioni, obbligazioni, assicurazioni, finanziamenti, carte revolving.
Bisogna vendere. Non più denaro come una volta, ma debiti, sempre di più e sempre possibilmente agli stessi soggetti, che forse una volta avrebbero comprato solo il denaro. Non c’è capacità da parte degli istituti di credito di trattenere i correntisti oppure sono i correntisti ad essere scarsamente coccolati dalle nuove e giovani leve inserite in banca e decidono di chiudere direttamente il conto corrente? Come è facile comprendere, le cose si sono complicate.
Il rapporto banca impresa non è più una semplice interazione tra due soggetti, cliente/direttore, ma a questo punto sono i numeri a farla da padrone. Ma sarà davvero così il futuro? Crediamo e speriamo ancora nelle favole. E’ meglio per tutti, vecchi funzionari e nuovi imprenditori.

Mario Mirabelli
Centro Studi Analisi Statistiche - Modena

domenica 26 agosto 2012

giovedì 23 agosto 2012

NEL MIRINO LA SANITA' E LA PREVIDENZA SOCIALE SOLE 24 ORE DEL 19/07/1993

PARAGONE TRA IL COLPO DI FORBICE DEL 1993 E IL TAGLIO DELLA SPESA ATTUALE.
Tratto dal SOLE 24 ORE 19 LUGLIO 1993.

In una analisi a cura di Alberto Trevissoi tratta dal Sole 24Ore del 19 luglio 1993, si parlava di tagli, tagli, tagli. Soprattutto alla Sanità e alla Previdenza Sociale.

Un denominatore comune delle stangate che quasi tutti i paesi, allora CEE, avevano varato in quei tempi, per contenere i deficit di bilancio pubblico.
In particolare Germania, Italia, Spagna e Grecia avevano sviluppato una riduzione delle spese, privilegiando questo aspetto in paragone all'aumento delle entrate fiscali.

Dopo oltre venti anni, visto che l'analisi era svolta su dati Ocse relativi al 1990, alcuni paesi come Italia, Spagna, Grecia sono allo stesso punto di partenza.

Oggi potremmo dire che il 'gioco dell'oca' al quale abbiamo partecipato è stato deleterio rappresentando una sconfitta, da un punto di vista fiscale, di crescita e di gestione del debito pubblico; quest'ultimo continua ad andare oltre ogni aspettativa politica ed economica.

Mario Mirabelli
Centro Studi Analisi Statistiche - Modena

COME AFFRONTARE AL MEGLIO UN COLLOQUIO DI LAVORO

CONSIGLI DA PARTE DI CONSULENTE AZIENDALE SU:
Come affrontare al meglio un colloquio di lavoro.

1. Essere informati: acquisire informazioni relative all'azienda per cui ci si candida e rileggere con cura l'annuncio a cui si è risposto.

2. Controllare l'emotività e l'ansia: il colloquio non va visto come un momento in cui si viene giudicati, ma come un'occasione da sfruttare a pieno, per scambiare informazioni utili con il selezionatore.

3. Atteggiamento professionale e dinamico: evitare sia un atteggiamento aggressivo o troppo sicuro di sè ma anche uno troppo informale o passivo. Apprezzati, l'atteggiamento professionale e la chiarezza di idee.

4. Essere coerenti: le domande del selezionatore possono vertere su diversi aspetti, dalle esperienze alle aspettative, fino all'autovalutazione del proprio carattere. E' importante essere coerenti.

5. Non mentire: meglio essere trasparenti, poichè un selezionatore abituato a gestire i colloqui non ci metterà molto a scoprire le incongruenze con il rischio di considerarvi inaffidabili.

6. Dimostrarsi disponibili e flessibili: evidenziare le proprie preferenze in ambito lavorativo e non mostrarsi disposti ad accettare qualunque lavoro, ma al tempo stesso dimostrare disponibilità ad adattarsi.

7. Ascoltare con attenzione e rispondere con chiarezza: tono pacato, lessico ricco e privo di espressioni dialettali, evitare divagazioni o al contrario risposte estremamente sintetiche.

8. Puntuali ma non troppo: l'ideale è arrivare 15 minuti prima dell'orario in modo da acclimatarsi osservando l'ambiente circostante.

9. Come vestirsi? Abbigliamento ordinato e sobrio. Anche adeguarlo al contesto lavorativo.

10. Mostrare curiosità: sempre interessati ad eventuali possibilità di porre domande al selezionatore. La dialettica relativa alla retribuzione va gestita con cautela.

Mario Mirabelli
Centro Studi Analisi Statistiche - Modena

martedì 21 agosto 2012

Quesito di fine Estate per i nostri Professori/Governanti

Gent.mi Professori,
considerando, sia il Vostro attuale incarico di governo, sia la recente affermazione dell'uscita dalla crisi, del nostro paese, supportata anche dalle affermazioni da parte delle agenzie di rating, che trasformano il nostro paese dal brutto anatroccolo in una bellissima principessa, ho necessità strettamente personali di capire come vorrete prendere in mano la situazione della crescita, ho deciso di porre alcune domande.

Spero di ricevere quanto prima queste risposte, in modo da poter dare un voto all'elaborato (come si fa durante un classico compito in classe o durante una interrogazione).
Ovviamente il tutto svolto in maniera obiettiva, indipendentemente dalla simpatia o meno nei Vostri confronti, così come del resto, tutti i Professori fanno, e così come sono certo avrete fatto anche Voi quando eravate impegnati nelle Vostre aule a tenere prestigiose lezioni pratiche e teoriche su vari temi.
Questa è la prima fase di quesiti. Sicuramente saranno successivamente necessari altri quesiti, che elencherò per fine anno 2012, in modo da lasciarVi il tempo di lavorare per il bene di tutti, otterrete così alla fine da parte mia e di chi parteciperà alle domande/risposte una valutazione finale e totale sul Vostro operato.

Ad ogni Domanda (D) è corredata la tipologia di Risposta (R) da fornire.

D. E' vero che siete sul binario giusto per ridurre il debito pubblico, ed è per questo motivo che stiamo per uscire dalla crisi? Rispetto al giorno del Vostro insediamento com'è cambiato il debito pubblico?
R. Descrivere la reale politica che verrà adottata e la differenza di valore numerico del debito pubblico.

D. E' vero che sono stati ridotti gli sprechi di denaro pubblico?
R. Se si di quanto? Fornire dati quantitativi e non percentuali.

D. Considerando che l'evasione fiscale, dopo decenni di analisi economiche, supportate da analisi giornalistiche pungenti nei confronti di chi non paga, sia il soggetto impossibilitato o sia il soggetto volontariamente incline al mancato pagamento, considerando tutto ciò, ed aggiungendo come l'evasione è una colpa sempre culturalmente attribuibita al possessore di Partita Iva, e in alcuni casi al dipendente pubblico, che fa doppi o tripli lavori (ad esempio lezioni private) senza su questi pagare alcuna tassa.
Considerando quanto premesso, Vi chiedo di quanto, anche tramite l'applicazione delle leggi antiriciclaggio, che sembravano fondamentali per la soluzione del problema, l'evasione fiscale si è ridotta?
R. Fornire in termini sia quantitativi che percentuali la differenza anno 2000 - anno 2006 - anno 2011.

D. E' vero che sono state ridotte le auto blu?
R. Fornire la risposta in termini numerici con confronto anno solare 2006.

D. E' vero che verranno ridotti i costi provenienti da tutti gli apparati pubblici politicizzati, che hanno in quasi 50 anni avuto una continua assunzione di personale fonte elettorale per il sistema politico italiano?
R. Risposta aperta.

D. E' vero che siete riusciti a mettere il nostro Paese su un binario di riduzione sprechi sanitari?
R. Fornire dati con confronto anno 2008 - anno 2010 - anno 2011.

D. E' vero che le Banche (cattive e speculatrici...) stanno ridando fiato e credito alle imprese? Se è vero perchè si parla di aziende che chiudono con numeri esponenzialmente elevati rispetto alle analisi statistiche degli anni passati?
R. Risposta aperta.

D. E' vero che la giustizia italiana sarà snella come quella europea, ci vorranno pochissimi mesi per una sentenza?
R. Risposta aperta

D. E' vero che non ci saranno più pagamenti lunghi per le aziende che vantano crediti nei confronti degli apparati statali?
R. Fornire il numero massimo di giorni entro cui una azienda verrà saldata in moneta euro, a partire dal 01 settembre p.v.

D. E' vero che volete ridurre la disoccupazione giovanile, considerando l'obbligo di crescita europeo?
R. Se ci sono politiche di lavoro giovanili concrete a breve termine per favorire la crescita, vengano qui descritte nel dettaglio.

D. E' vero che con le leggi antiriciclaggio si sono evitate fughe di capitali all'estero perchè le risorse sono rimaste in Italia e vengono usate per investimenti?
R. Risposta aperta.

D. E' vero che con la politica monetaria internazionale non ci sono e saranno più le speculazioni finanziarie che mettono in ginocchio le aziende italiane, siano esse quotate o meno?
R. Risposta aperta.

D. E' vero che il ceto medio in Italia ha le stesse caratteristiche economiche di 20 anni fa?
R. Risposta aperta.

D. E' vero che con la 's'vendita di immobili pubblici è previsto il doppio guadagno, formato da incassare per la vendita e incassare dall'Imu. Oppure chi acquista immobili in 's'vendita saprà per certo che poi non pagherà l'Imu?
R. Risposta aperta.

Buon lavoro.
mariomirabelli1@gmail.com

lunedì 13 agosto 2012

Ma Windjet!?! Quindi Wind Jet?!?

 ?!? Wind Jet !?! e i passeggeri !!!

Prendo spunto da un pezzo di articolo apparso su http://www.alod.it/?q=articolo/le-imprese-siciliane-gridano-aiuto, infatti il seguente passaggio è fondamentale vista l'attuale situazione, trattandosi di un articolo del 27 aprile 2012:

...Nel momento della disperazione o della difficoltà le imprese siciliane si votano a chi può offrire loro un'ancora di salvezza. Wind jet ha messo in mobilità i 504 dipendenti e aspetta che l'antitrust dia l'ultimo ok all'operazione di acquizione da parte dell'Alitalia della compagnia di bandiera siciliana. Un passo inevitabile, perchè Wind jet pur essendosi ritagliata una fetta di mercato notevole nel low cost, ha dovuto fare i conti con l'antagonismo di chi non ha mai digerito prezzi bassi sulle tratte per Roma e Milano, creando una serie di ostacoli diretti e indiretti, ma, soprattutto, l'azienda è finita nello stesso ingranaggio impietoso che ha messo in crisi la maggior parte delle compagnie aeree di tutto il mondo. Così non resta che il passaggio ad Alitalia, che acquisisce il pacchetto Wind jet, l'esperienza low cost, ma che dovrà spiegare cosa accadrà, appunto, dei dipendenti messi oggi in mobilità...

Arrivati a questo punto, in cui la situazione per i dipendenti, per i passeggeri, per i creditori, è diventata insopportabile nell'arco di pochissime settimane, mi pongo alcuni quesiti:

1. ma chi ha finanziato, ad esempio le banche, la compagnia windjet non si sono accorti di come era la situazione finanziaria?
2. la società di consulenza che ha gestito e certificato i bilanci, oltre ad aver analizzato nel dettaglio tutte le voci contabili non si è resa conto di quello che stava succedendo?
3. i cittadini viaggiatori che dovevano andare in vacanza e che hanno acquistato i biglietti a prezzi vantaggiosi, e per questo motivo non gliene si può fare una colpa, con chi si rifaranno per rientrare del tempo perso, delle vacanze non fatte, dei sovraprezzi pagati ad altre compagnie sulle tratte inizialmente garantite da Windjet?
4. quali sono gli organi di controllo che dovevano controllare per tempo ed evitare che una situazione del genere si verificasse nella prima decade di agosto, nell'indifferenza generale, tanto oramai i buoi sono scappati?
5. la stampa economica nazionale (e non solo quella economica) conosceva la situazione?

Perchè queste cose succedono sempre in Italia, dove sono vigenti tantissime leggi e poi alla fine sono sempre i soliti a pagare?

Chi garantisce sul fatto che anche altre compagnie non siano messe nelle stesse condizioni di Windjet?

Attendo una risposta da qualcuno. Risposta che sono certo non arriverà mai.

Mario Mirabelli - Centro Studi Analisi Statistiche - Modena








martedì 7 agosto 2012

Confronti Puritani, ieri e oggi.

 

Arrivano i Puritani

Con l’arrivo, nel 1630, di 2.000 Puritani, seguiti entro il 1640 da altri 18.000, inizia la vera colonizzazione degli Stati Uniti.
I Puritani fondarono la Massachusetts Bay Colony, utilizzando il nome della compagnia con la quale avevano stipulato il contratto di colonizzazione, ossia la Massachusetts Bay Company di Londra, società nella quale molti di loro avevano una compartecipazione azionaria.
Nessuno si era imbarcato come indentured servant. Nello stesso 1630 fondarono la città portuale di Boston. Nei seguenti decenni diedero luogo alle colonie del cosiddetto New England puritano.
La forma di governo adottata nelle colonie era simile a quella inglese di allora.
Al posto del re o della regina c’era un governatore con ampi poteri, quindi un Parlamento bicamerale in cui la Camera Alta, corrispondente alla Camera dei Lord d’Inghilterra, era eletta dal governatore e la Camera Bassa era eletta dal “popolo”.
Questo solo sulla carta; in realtà solo i ricchi potevano votare.
Per poter sia votare sia ricoprire cariche pubbliche occorreva innanzitutto essere maggiorenni, maschi e bianchi; generalmente nel New England occorreva anche essere degli anziani della Chiesa Congregazionalista, così come i Puritani chiamarono, in America, la loro confessione.
I requisiti minimi patrimoniali erano dappertutto molto alti (Massachusetts e Connecticut bisognava avere un’attività che rendesse 40 sterline all’anno, oppure beni immobili valutati almeno la stessa cifra; in Rhode Island 40 sterline e che rendesse almeno la stessa cifra ogni anno; in New Jersey almeno 40 ettari di terreno, più un’attività o dei beni immobili valutati almeno 50 sterline; in Virginia minimo 20 ettari di terreno, più una casa in città; Georgia e nella Carolina del Nord minimo 20 ettari di terreno; nella Carolina del Sud almeno 40 ettari di terreno e una casa in città, ecc.).
Da questo livello di requisiti, traspare quanto si fossero divaricate, fin da subito, le economie dei due “blocchi” coloniali: il New England si dirigeva verso il commercio e le colonie del sud verso il latifondo agricolo.

I Puritani 

I Puritani del New England furono in schiacciante superiorità numerica sino alla Guerra di Indipendenza, e mantennero una maggioranza fino al 1880 circa.
Traevano ogni ispirazione dal Vecchio Testamento, o almeno erano convinti di farlo.
L’idea fondamentale era che la ricchezza materiale, e il benessere materiale, compreso quello fisiologico, rappresentava un segno di elezione divina.
Un individuo era eletto se Dio lo predestinava alla virtù di osservare i Comandamenti. Non c’era obbligo alla solidarietà reciproca né a compiere opere di bene. Il rispetto richiesto per i Comandamenti era letterale, cioè formale. La figura di Gesù era totalmente ignorata, benché certamente si definissero “cristiani”.
I Puritani, come tutti gli altri Protestanti, operarono una certa mirata selezione anche nell’ambito del Vecchio Testamento, a ulteriore dimostrazione del principio utilitaristico alla base di tutta l’operazione. Questo si può vedere nella schiavitù, proprietà privata, capitalismo, nell’obliterazione dei debiti, ecc. Accolsero dalle Sacre Scritture quello che più faceva comodo.
Un concetto molto importante per i Puritani, che si rivelò gravido di conseguenze inaspettate, fu quello di popolo eletto.
Al popolo eletto Dio destina una patria opulenta, e i Puritani certamente si diressero in America pensando che fosse la loro Terra Promessa. Gli indiani erano destinati alla distruzione per loro mano così come lo erano stati i cananei per Giosuè e i Giudici. Non solo, ma quando i Puritani scorgeranno un po’ più in là una terra ricca o in qualche modo appetibile penseranno sempre di averne diritto, un diritto che giustificherà anche i mezzi più cruenti, stermini compresi. Naturalmente il rispetto dei Comandamenti era limitato all’ambito del popolo eletto.

I Puritani e la politica

Nelle colonie i residenti avevano un’ampia possibilità di autogoverno.
I governatori badavano a che fossero salvi i principi della legislazione inglese, soprattutto nella forma, e cercavano di intervenire il meno possibile; il loro stipendio era poi fissato dai coloni.
I Puritani poterono così organizzarsi come volevano, tranne che per l’eliminazione della monarchia, che riuscirono a realizzare solo con la Guerra di Indipendenza.
In campo religioso essi non riconobbero più la gerarchia della Chiesa d’Inghilterra, e bandirono tutte le manifestazioni esteriori di culto introdotte arbitrariamente dalla Chiesa Cattolica: i vestimenti rituali, il segno della croce, particolarmente nel battesimo, la genuflessione durante la Comunione, l’uso della fede nel matrimonio, l’osservanza delle festività per i Santi, compresa la celebrazione del Natale.
L’organizzazione politica era basata su due concetti fondamentali: l’uomo singolo che doveva essere assolutamente libero di poter fare la sua fortuna materiale, vincolato solo dai Comandamenti; e la comunità che doveva solo sorvegliare a che i medesimi fossero appunto rispettati.
I Puritani non operavano nessuna distinzione fra autorità politica e religiosa; ogni congregazione era quindi una piccola teocrazia. L’autorità era esercitata da una sorta di consiglio dei saggi o degli anziani, che ricalcava il concetto del Presbiterio di Calvino.
Le colonie inglesi del Nuovo Mondo erano quindi delle oligarchie basate sul danaro; quelle del New England e di alcune del Sud erano anche teocratiche.
I Puritani rappresentavano l’antitesi della democrazia.
Essi non credevano affatto che gli uomini fossero tutti uguali, e tantomeno che avessero tutti gli stessi diritti. Alcuni in effetti potevano anche essere ridotti in schiavitù.
L’accesso a tale oligarchia non poteva essere negato a chi, diventato ricco, dimostrava di essere per definizione uno di loro. Di qui deriva un altro aspetto della loro apparente democraticità, oltre che del loro repubblicanesimo: l’abolizione del concetto di élite per via ereditaria e l’introduzione del concetto di elite aperta, appunto “democratica”.
In pratica, alla nobiltà per diritto divino, indimostrabile, di stampo medioevale i Puritani sostituirono la nobiltà per diritto divino dimostrabile, appunto attraverso la ricchezza materiale. Gli americani attuali accettano di buon grado che i loro dirigenti politici e alti funzionari dello Stato siano quasi tutti uomini estremamente ricchi, e la giustificazione risiede implicitamente in quel ragionamento puritano.

I Puritani e l’economia

I Puritani naturalmente diedero vita ad un sistema capitalista puro. Tale sistema è ancora il sistema, non solo economico, ma sociale in senso lato degli attuali Stati Uniti, dove tutto o quasi è privato o gestito da privati, come ad esempio molte carceri.
Per i Puritani tutto si poteva comprare col danaro, e tutto doveva essere venduto per danaro; sempre nel rispetto formale dei Comandamenti.
Così nel New England c’erano pure gli schiavi: neri comprati dai mercanti di schiavi calvinisti olandesi ma anche indiani e indiane catturati sul luogo e tenuti come domestici o stallieri. Però la schiavitù non ebbe mai nel New England una diffusione paragonabile a quella del Sud: la sua economia era basata sul commercio e la sua agricoltura era floridissima ma suddivisa in tante piccole aziende a conduzione familiare, dove la produzione era diversificata e la mano d’opera richiesta piuttosto specializzata. Nei porti di Boston e New York invece c’erano molti schiavi.
Le tasse saranno sempre la questione primaria nelle colonie: i Puritani non accettavano il principio di affidare al governo la gestione del gettito fiscale; c’erano rischi di una politica di redistribuzione dei redditi. 

I Puritani e la morale

La morale dei Puritani consisteva nel rispetto formale dei Comandamenti, che permetteva loro ogni iniquità nella sostanza. In più tale legge valeva solo nell’ambito del popolo eletto dei Puritani: gli altri, in particolare i selvaggi indiani, potevano essere derubati, catturati come schiavi, anche uccisi.
Per esempio i rapporti sessuali con le donne indiane non costituivano reato, neanche da parte di Puritani sposati.
Le donne erano ritenute le “sorelle di Eva tentatrice”, il mezzo preferito dal Maligno per tentare la virtù degli uomini e distoglierli dal loro patto con Dio. Non potevano mostrare in pubblico più della faccia e delle mani, e ciò valeva anche per le bambine di ogni età.
Anche il divorzio, da sempre in uso presso gli americani, era ammesso dai Puritani, che lo praticavano con ancora maggiore frequenza vista la seria proibizione dell’adulterio. I reati sessuali erano puniti con straordinario rigore. Per l’adulterio e l’omosessualità era comminata la pena di morte. L’adulterio si verificava anche nel caso in cui la donna fosse solo fidanzata.
Ogni comunità aveva i suoi watchmen (“sorveglianti”), dipendenti comunali il cui compito era di controllare il comportamento delle persone e di riferire al pastore della chiesa. Erano dei delatori, che origliavano dietro gli angoli e spiavano dalle finestre. Scapoli e zitelle erano naturalmente i più controllati.
I Puritani collegavano la salute fisica con l’intervento divino, e i disordini mentali con quello del Diavolo.

I Puritani e la cultura

Alla scuola i Puritani dedicarono subito una attenzione che precorreva i tempi.
C’erano due necessità, i Comandamenti e gli affari: per seguire i primi occorreva conoscere la Bibbia, e quindi saper leggere, mentre per i secondi oltre a ciò occorreva saper fare i conti. Ogni township quindi aveva almeno una scuola e un maestro, pagati dalla municipalità, e ce n’erano altri nelle città. Il livello di alfabetismo fra i Puritani era senz’altro il più alto delle colonie americane.
Nel 1640 c’erano già nel New England circa 300 pastori diplomati in loco. L’Harvard College, divenuto gradualmente una università, è il più antico college degli Stati Uniti. Sempre come seminari nacquero nel 1701 l’università di Yale, nel 1764 l’università di Brown nel Rhode Island e nel 1769 l’università di Darthmouth nel New Hampshire.
Tali istituzioni garantirono ai Puritani una superiorità culturale schiacciante nell’ambito coloniale sino alla Guerra di Indipendenza.
Il poema più letto dagli americani di tutti i tempi è The Day of Doom (Il Giudizio Universale) pubblicato nel 1662 in Massachusetts dal puritano Michael Wiggleworth, nel quale la teologia calvinista è messa in versi settenari.
Le caratteristiche culturali e psicologiche dei Puritani si sono conservate negli americani: anche per loro tutto deve mirare al raggiungimento della ricchezza.
L’editoria quindi ha un carattere essenzialmente pratico, con prodotti che nei vari generi hanno raggiunto col tempo livelli di eccellenza (i manuali americani sono punti di riferimento nei vari settori). Gli autori di talento, più che indagare la realtà, cioè la verità, mirano a confezionare opere di successo presso il vasto pubblico. Così si sono specializzati nella fiction, nelle opere di evasione, dove di nuovo eccellono di gran lunga su tutti per la capacità di presentare storie e situazioni assurde in modo verosimile. Hollywood riassume tale attitudine tipicamente americana.


tratto da  http://www.disinformazione.it

sabato 4 agosto 2012

Un racconto 'poliziesco'...

di Gian Marco Chiocci e Simone di Meo

Diaz, la polizia racconta

Operazione della Diaz studiata a tavolino come risposta dello Stato
L'irruzione vista con gli occhi di un poliziotto

L'assalto alla Diaz. I mesi di preparazione. E quello che successe dopo. All'indomani della sentenza della Corte di Cassazione, Gian Marco Chiocci e Simone di Meo hanno raccolto nel libro Diaz la testimonianza di Vincenzo Canterini, allora comandante del primo reparto mobile di Roma e creatore del 'Settimo nucleo sperimentale per interventi di ordine pubblico' e condannato a cinque anni, pena poi ridotta a tre anni e tre mesi il 5 luglio, per il blitz al G8 di Genova. L'altra verità, quella del poliziotto che si sente tradito dalla polizia.
Quello che segue è un estratto del capitolo in cui Canterini racconta l'assalto alla Diaz.
Operazione della Diaz studiata a tavolino come risposta dello Stato
Percepivo i prodromi drammatici di uno show studiato a tavolino, replicato l’indomani con la conferenza stampa organizzata dentro a un’aula della Diaz. I cronisti erano tutt’intorno a un tavolo rettangolare dov’erano esposte le armi sequestrate: mazze, picconi, sassi, caschi, coltelli, maschere antigas, magliette nere. E quelle due bottiglie di Chianti doc bevute alla salute dei grandi del pianeta e successivamente riempite con il liquido infiammatorio tipico della guerriglia.
L’operazione era stata pensata, ideata, orchestrata e coordinata come dura risposta dello Stato che fino a quel momento s’era fatto trovare impreparato in occasione del summit mondiale. Come spiegare altrimenti la presenza trafelata nel cortile, prim’ancora di rendere noto il numero degli arrestati e delle armi sequestrate, dell’addetto alle pubbliche relazioni della polizia?
Non so di chi fu l’idea di allertare anzitempo tivù, radio e giornali per magnificare un intervento dalle conseguenze tutt’altro che scontate. Ma fu sbagliata. Mi fu detto - ma a me sembrava francamente una cosa fuori dalla grazia di Dio - che i ragazzi che uscivano ammaccati dalla scuola erano rimasti feriti negli scontri della mattina; insomma, si tentò di darla a bere a me e a qualcun altro facendoci credere che quello fosse il lazzaretto dei black bloc.
NELLA SCUOLA ECHEGGIAVANO URLA DISUMANE. Gli anfibi degli agenti rimbombavano sordi inciampando sui contusi e slittando sopra vetri rotti, vestiti strappati, pozzanghere di sangue. Giuro, erano pozzanghere.
Dietro la porta che dava sulla palestra notai i primi feriti, piangevano accasciati contro la parete. Urla disumane, terrificanti, sembravano provenire dall’aldilà. Vidi gente calpestata dalle scarpe dei poliziotti. Presi la via delle scale facendo lo slalom tra panche rovesciate e gli ultimi agenti che mi sorpassavano mentre salivo. Avevo deciso di fare un sopralluogo in tutti i piani, ma il proposito sarebbe rimasto tale, a causa di ciò che vidi non appena alzai il piede dall’ultimo gradino della rampa.
AL PRIMO PIANO C'ERA LO SCANNATOIO. La mia vita andò in testacoda. Mi bloccai appena mi si presentò davanti agli occhi lo scannatoio al primo piano. Inizialmente pensai a un campo di battaglia dovuto a violente resistenze. Perché resistenze, checché se ne dica, a cominciare dalle cancellate sprangate e dagli oggetti lanciati dalla finestre, ve ne furono molte tra gli occupanti. Gli abusi dei rappresentanti dello Stato ci furono e furono ingiustificabili. Ma alla Diaz non fu tutto bianco e nero, i manifestanti non erano tutti buoni e i poliziotti non erano tutti cattivi. I miei capisquadra, per dire, raccontarono di scontri cruenti.
GOS, I REPARTI PIÙ CRUDELI DELLA POLIZIA. Ma i veri demoni, quelli che hanno approfittato dell’impunità dopo aver goduto a percuotere anziani claudicanti e ragazze nei sacchi a pelo, erano vestiti in jeans e maglietta con il fratino 'polizia'. Erano quelli che indossavano la divisa 'atlantica', i caschi lucidi e i cinturoni bianchi (i nostri U-boot erano invece opachi, i cinturoni neri). Erano anche gli appartenenti, così si diceva nell’ambiente, a un misterioso gruppo operativo speciale ribattezzato Gos.
I fantasmi del Gos, come i mazzieri in abiti civili, diversi da noi per minimi dettagli cromatici su caschi e cinturoni, avevano un tratto distintivo comune: il volto irriconoscibile, coperto da foulard o mefisti. Solo per questo l’hanno scampata.
QUALCHE AGENTE SOCCORSE I FERITI. Salendo le scale sentii un grido potente, categorico: «Ora basta! Basta! Tutti fuori». Feci qualche passo in più e trovai uno dei miei, inginocchiato e senza casco, che soccorreva come poteva una ragazza rannicchiata su se stessa. Aveva i capelli rasati, le trecce sulla nuca, il cranio fracassato da cui fuoriusciva sangue a fiotti e materia cerebrale. Il poliziotto che aveva dato lo stop alla mattanza e che vegliava sulla moribonda aspettando l’ambulanza era Fournier.
Nel cortile ritrovai l’assembramento di forze che aveva partecipato alla perquisizione e che lasciò quel camposanto di manganellati molto tempo oltre i quattro minuti di permanenza del Settimo nucleo. Venni a sapere poi che nella concitazione al primo piano, Fournier aveva preso di petto un grasso collega impegnato a simulare un coito su una ragazza carponi, e aveva inveito contro altri quattro agenti. Non era stato il solo a ritrovarsi a sottrarre i feriti dalla furia bestiale di gente pagata per difendere lo Stato.
ALLA FINE LA FARSA DELLE MOLOTOV. In quei momenti andò in scena la farsa delle molotov trovate altrove e piazzate all’interno della scuola a cose fatte. Non vidi niente e seppi quel che avevano combinato solo successivamente, dai giornali.
Provarono a tirarci addosso pure quel fango poiché chi aveva partecipato materialmente al trasporto delle bottiglie in un sacchetto di plastica azzurro era una vecchia conoscenza del Reparto mobile di Roma: il vicequestore Pietro Troiani. Se ne era andato mesi prima per sue esigenze personali, e a Genova, per quanto ne sapevo, era alle dipendenze di Donnini.
Cosa sia successo con quelle bottiglie non lo so. Non l’ho mai saputo. E nessuno saprà mai com’è andata davvero perché il tempo per parlare è scaduto con la Cassazione.
IL FUNZIONARIO CHE PARLA NON À GIUDA. In questa storia l’unico che ha portato la croce trovando la forza di rompere la consegna al segreto è stato Fournier. Non sto qui a giudicare, a dire se ha fatto bene, se ha fatto male, se avesse dovuto dirlo prima, se il segreto se lo sarebbe dovuto portare nella tomba perché siamo tutti una famiglia e i panni sporchi non si lavano all’aperto.
Il riferimento alla «macelleria messicana» nella Diaz, nel verbale del 2002, e alle «colluttazioni unilaterali» raccontate durante il processo, con la descrizione di cinque poliziotti che menavano calci come asini su poveri cristi terrorizzati a terra, ha fatto il giro del mondo e per alcuni colleghi quel funzionario è diventato un Giuda. Ma non è un Giuda.
Mi chiedo, e chiedo a chi indossa la divisa e legge queste pagine: peggio lui o i Ponzio Pilato che nell’ombra hanno picchiato, tramato, depistato rovinando colleghi che sapevano innocenti?

cronaca/diaz-la-polizia-racconta_4367560072.htm

venerdì 13 luglio 2012

Omaggio a Carlo M. Cipolla - The Basic Lws of Human Stupidity - il Mulino

Le cinque leggi fondamentali della stupidità, in onore di Carlo M. Cipolla.

1. sempre e invitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.

2. la probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.

3. una persona è stupida se causa un danno a un'altra persona o a un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sè o addirittura subendo un danno.

4. le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide; dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare o associarsi con individui stupidi costituisce infallibilmente un costoso errore.

5. la persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.

domenica 17 giugno 2012

ELEZIONI IN GRECIA 17 GIUGNO 2012

Oggi si vota in Grecia.
I Greci vogliono tornare indipendenti, vogliono rivivere con la loro politica monetaria e ci riusciranno, principalmente perchè non vogliono essere schiavi monetari di nessuno, avendo loro potenzialità e fantasia che altri paesi dell'Europa hanno soffocato in questi ultimi dieci anni.

I Greci nel 1998 avevano un consumo per abitante, relativamente ad alimentari, abbigliamento, spese per alloggio, sanità, divertimenti, ristoranti, alberghi, varie di € 6.048 contro i € 10.614 dell'Italia e ad esempio € 14.883 della Germania.

Niente è cambiato rispetto a molti anni fa in termini di parametro analitico, fatto cento quel valore 'greco' si sono mantenute le stesse distanze, è molto cambiata invece la politica fiscale.

Ecco perchè oggi la Grecia voterà per cercare una sua indipendenza.
Una indipendenza che dovrà trovare un concorde accordo tra la estrema destra e la estrema sinistra.
Anche perchè il sistema borsistico recepirà negativamente quanto avverrà in Grecia. Quindi se tutti speravano in una speculazione post voto a favore della conferma dell'euro nel paese ellenico, hanno fatto i conti senza l'oste.
Questo è il mio personale pensiero.

Mario Mirabelli

Fonte dei dati L'Expansion, Gennaio 1998

NON C'E' TRE SENZA QUATTRO (ERRORI) DEL PROF.

Di seguto un brano tratto da Facebook.com e da altri siti i cui link sono allegati alla fine.



"Nel giugno 1981, una commissione di studio, presieduta da Paolo Baffi, direttore generale di Bankitalia, deliberò di seguire lo schema d'un giovanotto, molto stimato dai Rothschild, tale Mario Monti, il quale propose l'emissione di titoli a lungo termine, con aste mensili e quindicinali, in modo...... che il rendimento cedolare fosse fissato dal mercato, con scadenze tra i 5 e i 7 anni.

Il che, a detta del professore, garantiva il potere d'acquisto e, secondo gli esiti delle aste, un piccolo rendimento dell'1-2%. Il Tesoro, zufolò Monti, avrebbe avuto da 5 a 7 anni per programmare e finanziare meglio la spesa pubblica. La proposta passò con standing ovation. Il deficit andò su come un proiettile. Le spese aumentarono invece di diminuire. Mentre Mario Monti procurava il credito a tassi impossibili, aumentarono tasse e benzina, le spese sanitarie sfondarono di mille miliardi di lirette il finanziamento statale. "


NEL 1989 COME "CONSULENTE ESPERTO" DEL MINISTRO DEL BILANCIO CIRINO POMICINO:

"... Eppure,il premier Mario Monti, chiamato a salvare l'Italia dai gorghi del default, tra il 1989 e il 1992, erano i tempi del sesto e settimo governo Andreotti, non riuscì a impedire il peggio. Cioè l'esplosione del rapporto tra debito e pil preludio della grande tempesta finanziaria che al principio degli anni Novanta costrinse Giuliano Amato alla manovra da 103.000 miliardi di vecchie lire. In quei tre anni il peso del debito balzò dal 93,1% del 1989 al 98% del 1991 e al 105,2% del 1992. Un vero boom, insomma, pari al 12,9% in termini relativi e al 44,5% in cifre assolute, da 533,14 miliardi di euro a 799,5 "


ED ORA, SECONDO VOI, DAL NOVEMBRE 2011, CHIAMATO QUASI D'IMPERIO DA "O RE" NAPOLITANO, MONTI MARIO E' ADVENUTO A NOI QUALE "NUME TUTELARE" DELLA NOSTRA ECONOMIA PER UN NUOVO "CRESCI ITALIA",
O COME "ACCABADORA NAZIONALE" PER ACCOMPAGNARE NELLA VIA DELL'"EURO SENZA SPERANZA" GLI ULTIMI "SINGULTI" CONVULSI E FERALI DELLA NOSTRA ITALICA DIGNITA' ED INDIPENDENZA ???

"... In termini di Teoria dei Mass Media, sintetizzata, sarebbe questa la fase due dell’attuale governo italiano, quella succeduta al “decreto salva-Italia”??? Si sono dimenticati di spiegare chi ha salvato chi, come, dove, quando e per quanto) e che il nostro baldo ragionier Mario Monti, a metà gennaio, ebbe la sfrontatezza di definire “la fase della crescita e dello sviluppo”.
Stanno lanciando la moda della “sistematica produzione di falsi”.
Avendo capito di non essere assolutamente in grado né di gestire l’attuale travaglio del paese, né tantomeno sviluppare delle idee creative per il bene comune della nazione, dando fiato all’economia, rilanciando gli investimenti e allargando l’occupazione aprendo il mercato del lavoro, il governo si dedica ormai sistematicamente alla produzione di falsi. Dimostrati e dimostrabili anche da un bambino."







http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1768757&codiciTestate=1&sez=hgiornali&testo&titolo=Lemme+lemme+la+Germania+si+sta+acquistando+la+Sicilia

 http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2012/04/il-governo-monti-dice-bugie-diffondono.html

http://www.facebook.com/photo.php?fbid=307809829292649&set=a.145529325520701.36299.145336488873318&type=3&theater

Mario Mirabelli Centro Studi Analisi Statistiche Modena

martedì 5 giugno 2012

Germany Is Preparing for Greek Bankruptcy


Autore: 
Edward Harrison

The mood in Germany is still about cutting Greece loose to save Italy and Spain. My translation of an excerpt of a German-language article from Spiegel is below:
German Finance Minister Wolfgang Schäuble (CDU) is preparing for a bankruptcy in Greece, according to to SPIEGEL sources. Finance ministry officials are playing through all the scenarios which could arise in the event of a default in the country. There are basically two variations of a Greek bust. In the first, the country remains inside the monetary union. In the other, it leaves the Euro currency, and reinstitutes the drachma again. The EFSF, the European rescue fund, plays a key role in the deliberations. It must be be equipped with the new powers which were agreed at the crisis summit in late July as soon as possible.
Two mechanisms are taking center stage in Germany’s deliberations: First, Schäuble’s officials are focused on preventive credit lines aimed at helping countries like Spain or Italy, if investors refuse to lend to them borrow following a Greek insolvency. Banks in many countries in the euro zone could also become dependent on billions from the rescue fund, because they would have to write off their holdings of Greek government bonds. Such consequences can be expected, regardless of whether Greece stays in the euro zone or leaves.
The article goes on to mention that Greece’s Finance Minister has recently announced that the economy is expected to contract by a full 5% instead of 3.8% as assumed during the previous rounds of bailout negotiation. The budget deficit target cannot be met in that case. So clearly, the Germans are now forced to face the prospect of default in Greece.
There are two schools of thought about a Greek default concerning Spain and Italy. Portugal and Ireland are separate less systemic issues. In the one school, contagion increases and Spain and Italy come under pressure. The Germans are making preparations for this eventuality. In the second school of thought, a Greek default lessens pressure on Greece and Italy as Greece is seen as “a special case”.
For example, the Spanish daily El Pais writes (my translation):
The countries of the euro zone breached the deficit limit (3% of GDP) and debt limit (60%) established by the Maastricht Treaty on 137 occasions between 2000 and 2010, according to Eurostat. Germany, the country that now stands as a champion of fiscal discipline, and France exceeded these limits 14 times each, while Spain and Ireland, did so only 4 to 5 times respectively – and never before the recent crisis. The best students were Finland, Luxembourg and Estonia which always complied with the rules.
Greece, however, violated both the deficit and debt limit every year. Also exceeding the maximum public debt limit in the eleven years analyzed by Eurostat (see accompanying table)were Italy, Belgium and Austria. The criterion which limits public deficits to a maximum of 3% was exceeded on 60 occasions. The deficit ceiling is the main criteria agreed in the Stability and Growth Pact (SGP), established in 1997. The SGP was the instrument designed to monitor public finances of the euro zone countries to compensate for the lack of fiscal policy in the euro zone layout.
The primary insinuation of the article is that the Germans are hypocrites in that they were in violation of the SGP repeatedly before the crisis and now they are acting as if they are the paragons of fiscal virtue. This is something I discussed in detail in my May 2010 article “Spain is the perfect example of a country that never should have joined the euro zone.” But the undertone here is also about Greece being a special case, a debtor that was repeatedly in violation of the stability and growth pact which deserves to be treated differently. And, yes, in Germany and the Netherlands, there is a lot more sympathy for Ireland which kept budget discipline pre-crisis and has attempted to take on austerity with zeal post-crisis.
Nevertheless, the question about contagion really hinges on the ECB at this point. The EFSF is too small to deal with either Spain or Italy effectively while they attempt to get back under the 3% hurdle and their bond spreads remain extra-wide. And the ECB is an unreliable provider of liquidity. The resignation of ECB chief economist Juergen Stark tells us that. When I say “the euro zone is coming apart at the seams now”, I mean that political cohesion is all but gone. The policy outlook is extremely volatile as major policy makers in the EU, in member states, and at the ECB have extremely discordant policy messages. Some like the Dutch Prime Minister are openly talking of how to break up the euro.
Let’s go further and talk about ‘openness’ in the context of rising economic nationalism and a double dip recession which strains the fiscal rectitutde of all euro member states. Europe is going to become more conservative, more nationalistic and more xenophobic on European-wide issues like free trade, open borders, and free labour movement. The same is true in the US. As I said in April:
Again, I do appreciate a well-argued case that this is not what is likely to happen. But unless we see a multi-year recovery economy in which the nagging debt and default issues are entirely removed, economic nationalism will return with a vengeance.
In my view that means that the European experiment will be under great stress. The Spanish and the Portuguese or the Irish and the British or the Germans and the Dutch would then feel an affinity for each other that the Greeks and the Germans or the Finnish and the Spanish might not.
What does that mean for policy? It means unilateralism. You see the Danes putting up restrictions on the Schengen agreement. You see the Dutch PM talking about tossing out member countries from the euro zone. And you see lots of western Europeans talking about the ‘coming wave’ of immigration from Bulgaria and Romania with dread.
In a deep downturn, these tensions will boil over and the cohesion cannot last. It’s pure speculation how far the anti-openness wave will proceed. But the minimum I expect is at least 1 or 2 members leaving the eurozone, restrictions on Romanian and Bulgarian workers, and a few more dissenters to Schengen.

Tratto da:
www.economonitor.com 11 settembre 2011

giovedì 24 maggio 2012

Come era BPER (05/08/2011 € 6,40 - 23/05/2012 € 3,60)

Ottima intervista con la parte che indica gli investimenti di una delle principali banche italiane la Banca Popolare Emilia Romagna, con in portafoglio 12 mln bond greci, 34 mln bond irlandesi, 27 mln bond portoghesi, 147 mln bond spagnoli.
Il mercato in 10 mesi avrà gradito? Il titolo è passato da euro 6,4 del cinque agosto 2012 ai 3,60 euro del ventitrè maggio 2012.
Mario Mirabelli Fonte Milano Finanza 06 agosto 2011

lunedì 21 maggio 2012

Impieghi Banca Impresa confronto Anni Dicembre 2002 - Dicembre 2006 - Dicembre 2011

Consistenze in mln €

Dicembre 2002 Impieghi Totale Italia  1.026.415 Impieghi Emilia Romagna 96.692 Sul totale % 9

Dicembre 2006 Impieghi Totale Italia 1.369.308 Impieghi Emilia Romagna 132.223 Sul totale % 10

Dicembre 2011 Impieghi Totale Italia 1.939793 Impieghi Emilia Romagna 171.873 Sul totale % 9

Tutti i dati sono tratti ed hanno come fonte di analisi informativa i Bollettini Statistici di Banca d'Italia TDB10234

mercoledì 16 maggio 2012

Dominio asiático en el ránking mundial de aerolíneas

Air China lidera la clasificación por capitalización bursátil, con un valor de 8.670 millones de euros, seguida de Delta Airlines (Estados Unidos) y Singapore Airlines (Singapur). Oriente copa el ‘Top 20’, con ocho compañías asiáticas, por delante de EEUU (4), Europa (4) y Latinoamérica (3) y Australia (1).
[foto de la noticia]
Fortaleza asiática en ránking mundial de aerolíneas. Las compañías de Oriente, protagonistas en las compras de aviones en 2011 y referencia entre los pasajeros por su elevado nivel de calidad, se afianzan entre las aerolíneas mejor preferidas por el mercado. Con un valor de 8.670 millones de euros, Air China lidera la clasificación por capitalización bursátil, a gran distancia de Delta Airlines (Estados Unidos) y Singapore Airlines (Singapur), que se turnan para repartirse el resto del medallero, con un valor en el entorno de los 7.450 millones de euros.
De los 20 primeros clasificados, ocho son aerolíneas asiáticas y, de ellas, cuatro tienen nacionalidad china. Se trata de Air China, China Southern (8º puesto), China East Airlines (11º puesto) y Hainan Airlines (perteneciente al conglomerado HNA, que estuvo a punto de entrar en el capital de NH Hoteles en 2011, en el 19º puesto). Le siguen Estados Unidos, con cuatro candidatos (Delta, United, la ‘low cost’ Southwest y Alaska Airlines), los mismos que Europa (Ryanair, Lufthansa, IAG y easyJet). Por detrás, los tres representantes de Latinoamérica (la chilena LAN, la panameña Copa y la brasileña TAM) y, una australiana, Qantas.
El hólding IAG, que aglutina a Iberia y a British Airways tras su fusión, y Vueling, que ocupan la 13ª posición y la 64ª posición respectivamente, ponen la nota de color español al ránking.
Lufthansa, primera por ingresos
Las tornas cambian si se tiene en cuenta el volumen de ingresos. En esta partida, las aerolíneas europeas y estadounidenses recuperan su supremacía. La alemana Lufthansa, 12ª por capitalización, es líder por ingresos, con 28.730 millones de euros, según los datos recogidos por Bloomberg. United Continental y Delta, ambas de EEUU, le pisan los talones, con 26.600 y 25.250 millones de euros, respectivamente.
En cuarta posición, la franco-holandesa Air France-KLM, que supera a AMR (matriz de American Airlines), en concurso de acreedores desde el pasado noviembre, pero que sigue operando con normalidad. El tándem Iberia-British Airways (IAG) es sexto, con 16.100 millones de euros y una ventaja de 3.000 millones respecto a la siguiente clasificada, la japonesa All Nippon Airways (ANA).
Si se analiza la deuda, de nuevo las aerolíneas asiáticas vuelven a estar en el punto de mira. Según Bloomberg, Korean Air es la más endeudada, con un pasivo de 9.000 millones de euros. La deuda de China Eastern, China Southern y ANA supera los 6.000 millones, frente a los 4.820 de Hainan Airlines. Del otro la balanza, la compañía de bajo coste easyJet es la menor endeudada, con un pasivo de 116,35 millones de euros.
Fonte: expansion.com

venerdì 11 maggio 2012

Statistiche.
La mancanza di statistiche serie, la mancanza di proiezioni statistiche fatte in maniera scientifica non da persone approssimativamente obbligate a definirsi 'statistici' ma invece fatte fa professionisti che capiscono ciò che studiano, la mancanza dell'utilizzo delle serie storiche statistiche, tutte queste mancanze stanno creando un problema.
Non solo legato al ciclo economico ma anche legato a quello sociale.
Il 9 maggio u.s. su un blog nazionale ho scritto quanto segue riportato in maniera integrale:
Ho scritto quanto di seguito sul blog chicago, verso le 12.30

Premesso il rispetto assoluto per chi purtroppo fa una scelta così estrema in un momento non certamente facile e/o felice della vita, ho necessità, da statistico quale sono di porre massima attenzione sui numeri, pertanto va fatto un confronto più ampio su vari anni, ad esempio il 2005 i suicidi ‘accertati’ per motivi economici, (accertati dalle autorità di pubblica sicurezza), sono stati 123 rispetto ad un totale italia di 2892, si aveva una media di 10,25 al mese per motivi economici. Mentre nel 2010 abbiamo avuto 187 suicidi ‘accertati’ su un totale di 3048, quindi una media di 15,5 suicidi per motivi economici.
Se si fa una proiezione quest’anno si supera il dato del 2010 e di molto quello del 2005, pertanto è il caso, secondo la mia opinione, di riflettere bene su questi dati.

Arrivati a questo punto ognuno facesse le proprie valutazioni, tecniche e non.
Mario Mirabelli
Centro Studi Analisi Statistiche Modena
 

mercoledì 9 maggio 2012



Riportata integralmente:

Banca d'Italia: Saccomanni, e' indipendente, non e' posseduta da banche


(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 09 mag - La Banca d'Italia "e' indipendente nella sua azione istituzionale
Anche se si dice che e' posseduta dalle banche, in realta' non e' cosi'". Lo ha detto Fabrizio Saccomanni, direttore generale dell'Istituto di Via Nazionale, intervenendo al convegno sulla governance delle istituzioni organizzato dall'Universita' Bocconi. I partecipanti al capitale, ha aggiunto, "hanno un potere di indirizzo e di controllo nella gestione, approvano il bilancio e nominano i sindaci, ma non hanno nessun potere di indirizzo nelle funzioni istituzionali" e cioe' i poteri in materia di politica monetaria e di vigilanza. E' "precluso" che possano influire nella materia istituzionale della banca. Le autorita' europee, ha continuato Saccomanni, "hanno ritenuto che il nostro modello era pienamente accettabile dal punto di vista delle regole europee". La Banca d'Italia "e' indipendente nella sua azione istituzionale" anche se, ha ricordato Saccomanni, "quando sono entrato in Banca, all'epoca la stampa diceva che in tutti i Paesi del mondo la Banca centrale lottava per essere indipendente dal Governo e in Italia era vero il contrario". L'indipendenza della Banca centrale "non era ben codificata nelle leggi, ma era stata guadagnata sul campo, attraverso l'analisi economica, storica, statistica e degli aspetti istituzionali dell'economia italiana. La Banca era cosi' preparata a svolgere i suoi compiti con piena cognizione di causa".
mir-
(RADIOCOR) 09-05-12 17:04:23 (0346) 5 NNNN debito grecia default probabile



martedì 8 maggio 2012

La redditività delle banche italiane. Tratto da Plus24 del 21 aprile 2012 a cura di Paolo Zucca. 
Considerata la pregevole esposizione di P. Zucca, svolgo un doveroso commento da parte mia, non escludendo la statistica da questa analisi fatta da Zucca. Infatti secondo me è fondamentale studiare quello che viene indicato come dividendo atteso per l'anno corrente. Potrebbe a mio avviso giustificare un atteggiamento doverosamente più che prudenziale nei confronti delle banche italiane. Tale indicazione indica anche tutto quello che statisticamente si verificherà da qui in poi in ambito vendite e acquisti sul mercato finanziario nazionale e internazionale.
Analiticamente gli istituti hanno totalmente inutilizzato le serie storiche che se fossero state correttamente applicate avrebbero in termini statistici indicato degli alert. Se poi alcune aziende avessero mostrato questi numeri sicuro le banche avrebbero fatto tristissime valutazioni.
perquisizione mussari  mps monte paschi siena 
Mario Mirabelli


lunedì 30 aprile 2012

I SONDAGGI. IL CASO FRANCIA

Il sondaggio è un metodo statistico volto a valutare le proporzioni di diverse caratteristiche di una determinata popolazione a partire dallo studio di una parte della stessa, che viene definita campione.
Le proporzioni sono determinate con dei margini di errore, soggetti ad attenti studi per verificarne la veridicità.

In occasione dei sondaggi politici, i margini di errore sono stati, negli ultimi anni, tenuti un pò troppo alti, in modo da soddisfare eventuali errori di comunicazione da parte delle società che quei sondaggi gestiscono.

In risposta ad un articolo pubblicato su un noto settimanale italiano, nel numero del 25 aprile 2012, si citavano le elezioni Francesi.
Al giornalista autore dell'articolo Marco P. volevo fornire il mio parere: visto che nella maggior parte degli ultimi sondaggi di opinione, la gran parte dei cittadini francesi, vuole abbandonare l'area euro, per ritornare ad una gestione del franco, però gli stessi contemporaneamente vogliono rispettare alcuni parametri europei che gli consentirebbero di tenere i conti in ordine. 
Ad oggi il politico che riesce a cavalcare questa onda di 'ribellione europeista', nei confronti dell'euro e principalmente della estrema austerità tedesco-europea, avrà la vittoria per l'Eliseo.
In questo preciso istante l'unico che ha fornito tracce ed indicazioni chiare di politica economica che costringerebbero la Francia (se applicate) ad uscire dall'euro è Hollande, e se non ad uscire, almeno a rivedere determinate condizioni.
Pertanto, sondaggi a parte, stime e proiezioni a parte, lui è al momento l'unico politico francese, in grado di tenere in scacco la Germania e l'Europa tutta, perchè riflette in toto il malumore del suo paese.
Questo farà ottenere una serie di vantaggi economici a favore di tutti i cittadini francesi che lo voteranno ed alla fine, saranno vantaggi anche per chi non lo voterà.

Pertanto partendo da una semplice definizione di sondaggio e considerando i sondaggi o meno, Hollande è il politico che ha apertamente detto, quello che gli europei non vogliono o non possono dire.



Mario Mirabelli 30 aprile 2012