domenica 2 settembre 2012

TRATTO DA L'OPINIONE DELLE LIBERTA' DEL 15 APRILE 2008 L’INDEBITAMENTO PRO CAPITE NEL BELPAESE Come si finisce nella lista nera

L'Opinione delle Libertà del 15 aprile 2008
 
L’INDEBITAMENTO PRO CAPITE NEL BELPAESE
Come si finisce nella lista nera

In questi giorni stanno comparendo su vari giornali i dati relativi alla possibilità da parte di molte famiglie di non riuscire a pagare mutui o finanziamenti in genere, ed essere pertanto inseriti nelle famose black list (lista nera) dalle quali, purtroppo, è difficile uscire. Il Centro studi ha effettuato una indagine ben specifica, relativa alla tipologia di mancato pagamento del finanziamento richiesto.
Va fatta una premessa, le famiglie italiane, rispetto alle famiglie degli altri paesi dell’Unione, sono quelle indebitate per circa l’80% delle proprie capacità. Significa, ad esempio, e per stare in termini di cifre, che un operaio che guadagna 1.000 euro netti ha di questi, ben 800 euro, che utilizza per pagare debiti, quindi carte di credito revolving, mutui personali, mutui casa e via dicendo.
Rimangono spendibili 200 euro (duecento!!) utili per le spese correnti. Più cresce la retribuzione ovviamente, sia essa dell’operaio che del dirigente, più aumenta in quasi esatta proporzione la propria posizione debitoria.
Il focus della discussione relativa allo studio non è legato alla capacità di rimborso, ma alla qualità sia del rimborso e, principalmente, alla tipologia del finanziamento richiesto ottenuto. I casi subprime americani devono far ragionare, infatti se non si paga qualche rata del mutuo, la casa che rappresenta un bene primario, oltre che tangibile, per chi presta denaro in tutto il mondo, viene riassorbita dalla società finanziatrice (sia essa banca o finanziaria a sé).
Pertanto la finanziaria o la banca, non fa altro che riprendersi il bene e si ripaga abbondantemente di ciò che non ha ricevuto. E, ovviamente si viene inseriti nella famosa black list. In Italia risultano inseriti nella “lista nera”, sono quindi giudicati come cattivi pagatori, anche coloro i quali hanno fatto un finanziamento per 24 mesi relativo all’acquisto di prodotti generici, quindi non utilizzatori del credito al consumo per abbellire e/o rinnovare la propria abitazione, ma per l’acquisto di una vacanza o di oggetti tecnologici o di altro che può essere definito superfluo.
Ma che, se induce il cliente a firmare una serie di richieste, evidentemente tanto superfluo non è!
Quando si acquista un bene o un servizio grazie ad un finanziamento avviene che il consumatore stabilisce con una banca o con una società finanziaria una dilazione di pagamento destinata all’acquisto di un bene o un servizio. Pagherà a rate al finanziatore. La banca o società finanziaria pagherà subito l’intera somma al venditore.
Il venditore consegnerà subito il bene o servizio al consumatore. Questo tipo di finanziamento, quando riguarda solo i consumatori in quanto persone fisiche e per soddisfare bisogni di acquisto delle famiglie, al di fuori di ogni attività professionale, prende il nome di credito al consumo. Così come avviene per i mutui, i fidi, e i leasing, anche tutte le operazioni di credito al consumo danno luogo ad una serie di passaggi di informazioni tra gli istituti finanziari e le banche dati specializzate, una volta note con il nome di “centrali rischi” e ora denominate Sistemi di Informazioni Creditizie (Sic).
I Sic raccolgono e conservano queste informazioni. Le banche dati (Sic) che raccolgono le informazioni sull’accesso al credito dei cittadini e delle imprese e sull’andamento dei rapporti di credito nel tempo, fino all’estinzione, vengono alimentate dalle banche e dalle società finanziarie che ricevono le richieste di finanziamenti e che li concedono.

Vediamo la situazione del credito al consumo pro-capite in Italia confrontata con l’Europa e gli Stati Uniti. In America, a fronte di un debito pro-capite pari al corrispettivo di 7.900 euro, il 67% viene utilizzato per viaggi, mentre in Italia a fronte di una media europea di debito pro-capite di 2.
200 euro (di cui utilizzati per la casa l’82 %) si ha un debito pro-capite di 2.800 euro di cui, per la casa, è utilizzato il 73%. Pertanto abbiamo un utilizzo dei finanziamenti per l’abitazione simile agli Stati Uniti ma una posizione debitoria più bassa. Inoltre si ha una media europea di tassi di interesse sul credito al consumo che si avvicina all’8 % mentre in Italia siamo intorno al 9,5 % e in America vicino al 9 %.


Centro Studi Analisi Statistico Economico Finanziarie Commerciali Modena
Mario Mirabelli
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Il Mifid e le sue conseguenze. La gestione del risparmio TRATTO DA L'OPINIONE DELLE LIBERTA' DEL 17 APRILE 2008

Un articolo su l'Opinione delle Libertà relative alla Mifid. 17 aprile 2008

Il Mifid e le sue conseguenze
La gestione del risparmio
C’è qualcosa di nuovo nel mondo dei fondi italiani, anzi d’antico. Si teme infatti che l’industria del risparmio gestito vada ko e che si possa arrivare nel settore a un danno complessivo di 170 miliardi di euro (stima di Borsa e Finanza) che, dopo aver stremato le gestioni patrimoniali in fondi (Gpf), si allarghi alle gestioni patrimoniali mobiliari (Gpm).
Già il 2007 si era chiuso con una raccolta netta dei fondi promossi da intermediari italiani (fossero di diritto estero o italiano) che presentava un rosso da 53,1 miliardi di euro. Il campanello d’allarme poi è scoccato con la cifra record di riscatti a gennaio 2008: un deflusso da 19,1 miliardi di euro che ha finalmente smosso le autorità sull’argomento e spinto la Banca d’Italia e la Consob a mettere mano all’annoso problema.
D’altronde la crisi del risparmio gestito all’italiana è ormai tanto grave che qualcuno teme che, più che un campanello d’allarme, quello di inizio anno sia stato il rintocco di una campana a morto. Qualcun altro, però, si è già rimboccato le maniche e ha cercato, in buona o cattiva fede, di trovare nuove soluzioni a questa vecchia crisi.
Finisce così sul banco degli imputati la Mifid, la direttiva europea sui mercati finanziari, (Market in Financial Instruments Directives) che rende quasi impossibili le retrocessioni, ossia i versamenti delle commissioni o di loro quote dalle Sgr (Società di risparmio gestito) alle banche che le controllano.

Anche perché non ha altro obiettivo che creare un unico mercato all’interno dell’Unione Europea per le transazioni degli strumenti finanziari, per aumentare la sicurezza degli investitori e promuovere la competizione in Europa. In pratica la società di gestione del risparmio, ossia quella con cui le famiglie o le aziende hanno a che fare quando comprano o vendono quote di fondi e altri strumenti finanziari, versa tramite la retrocessione (in inglese inducement) una percentuale notevole delle commissioni alla banca madre, ossia alla banca che la controlla.
Le retrocessioni non sono altro che “oneri impropri”. Un sistema diffuso di sfruttamento delle proprie Sgr, insomma, che però adesso la Mifid rischia di far saltare e che quindi ha già spinto le banche a correre ai ripari, col rischio di affondare la già malata industria del fondo italiano. Le banche, infatti, hanno cominciato a smontare i propri fondi per cercare delle soluzioni alternative.
I vari gestori temono che, essendo diventati meno convenienti per le banche e godendo purtroppo di prestazioni per vari motivi assai inferiori a quelle della concorrenza straniera, sia suonata l’ora della ritirata. Per il risparmiatore il rischio rimangono i prodotti della finanza strutturata, delle assicurazioni e dei prodotti “a capitale garantito o protetto, ovvero con strumenti con una struttura dei costi più opaca” (definizioni di Assogestioni).

Potrebbe infatti essere questo - è il timore di Assogestioni - l’unico nuovo lido possibile per il pubblico risparmio. Si potrà certo dire che la tassazione italiana a volte svantaggia i fondi nazionali su quelli esteri. Si potrà anche dire che il clima pesante delle borse non favorisce i fondi a componente azionaria.
Di certo, però, le prestazioni dei fondi italiani sono da anni inferiori ai benchmark. Di certo la struttura integrata fra banche ed sgr ha destato più di un sospetto di conflitto di interessi. Di certo, in definitiva, il rendimento di questi strumenti (di diritto estero o nazionale che fossero) si è dimostrato inferiore a quello dei colleghi esteri.
Sembra dunque difficile che i risparmiatori italiani possano un domani rimpiangerli. Non diamo la colpa del loro fallimento alla Mifid, però. Anche se da un recente sondaggio effettuato in Emilia Romagna, il 73% degli investitori non ha notato alcun vantaggio nella gestione tramite Mifid dei propri investimenti a fronte di un dato nazionale che si avvicina al 79%.
Mentre ben il 91% vorrebbe evitare di compilare il modulo ma avere garanzie precise su ciò che va a sottoscrivere, individuandole in termini di guadagni reali.

 MARIO MIRABELLI

CENTRO STUDI ANALISI STATISTICHE - MODENA


17 Aprile 2008 - Notice: Undefined index: 10 in /www-root/www-opinione-it/articolo.php on line

BANCHE Adesso i clienti sono sconcertati. Hanno perso una figura di riferimento. TRATTO DA L'OPINIONE DELLE LIBERTA' 22 MARZO 2008

ECCO QUELLO CHE SCRIVEVO SU L'OPINIONE DELLE LIBERTA' 22 MARZO 2008
BANCHE 
Adesso i clienti sono sconcertati. Hanno perso una figura di riferimento
Che fine hanno fatto i direttori
C’era una volta… Era così che iniziavano le favole. Così ricordiamo che c’era una volta il direttore della banca a sportelli locali o nazionali che, sia dietro richiesta dell’imprenditore e sia per ogni esigenza dell’artigiano, forniva il denaro a condizioni che l’artigiano/imprenditore ignorava (per mancanza di tempo, capacità e anche per totale fiducia nei confronti dell’istituzione Banca e di riflesso dell’interlocutore che questa stessa gli forniva).
Quindi era un “do ut des” tra cliente e fornitore, l’uno “offriva” l’altro “prendeva” e soddisfaceva il suo bisogno imprenditoriale consistente nell’acquisto del macchinario innovativo o l’investimento strutturale e produceva, produceva, produceva…… e l’economia girava. Il Direttore era una figura che andava a fiuto guardando negli occhi l’imprenditore, conosceva la famiglia, vedeva le mani consumate e concedeva in piena autonomia più o meno qualsiasi cifra.
Non esistevano “voti” da parte della banca dati ai clienti, né tanto meno budget che il direttore doveva gestire nell’arco dell’anno, era tutto fatto alla buona ma sempre in maniera più che professionale. Sia che l’artigiano avesse alle spalle una famiglia ricca e macchinari all’avanguardia, sia che fosse una persona qualunque con velleità imprenditoriali, veniva agevolato e la banca era considerata come un’istituzione; il direttore era come il parroco o come il sindaco, sia nel piccolo paesino sia in città.
Il direttore dava sempre e comunque una mano! Era sereno e un po’ burocrate, questo fino alla fine degli anni Novanta, inizi del nuovo secolo. Appunto c’era una volta… e oggi?
Oggi? Il funzionario di banca o direttore, se gli va bene è rinchiuso nel backoffice centralizzato (i famosi poli, nel vero senso della parola, alquanto gelidi e con un marcato senso di solitudine), altri già in prepensionamento, altri ancora sulle strade, con patentino di promotore finanziario a procacciare nuova clientela per le stesse banche.
Non si vuole difendere qui, una categoria che non ha mai goduto di grandi simpatie, né tanto meno prendere le loro difese, ma il declino del bancario nella scala delle professioni si accompagna ad una profonda frattura di valori e opinioni esistente tra la base dei lavoratori (la cosiddetta rete) e il vertice degli istituti di credito, frattura che non ha paragoni in alcun settore.
Si tratta di associare la crisi di identità che affligge decine di migliaia di direttori di banca alla modesta qualità del servizio alla clientela, in particolare nelle grandi banche nazionali, e al fenomeno strisciante ma significativo dell’aumento delle perdite sui crediti di piccola e media dimensione.
Si tratta di dare un perché ai tanti clienti, che rimpiangono il vecchio direttore di banca, sconcertati dalle rotazioni continue di personale di filiale e stanchi di nuove strutture e banche specializzate che non si parlano tra loro, o stanchi dell’inserimento di nuove giovani figure bancarie che sposano il budget “da fare a tutti i costi” adottando un minaccioso rapporto con il cliente, sia esso solido o meno, ed un modo di fare banca che non è banca.

E da ultimo, indirettamente spiegare a tutti i clienti, la tenuta e la crescita delle piccole banche locali, che avrebbero dovuto cedere il passo per assenza di scala dimensionale e invece, fortunatamente e nella gran parte dei casi, continuano ad accogliere clientela insoddisfatta dai grandi operatori bancari.
Oggi il 95% delle nuove leve chiede al nuovo ed al vecchio cliente garanzie reali, spesso difficili da reperire e i parametri che vengono usati per gestire bancariamente una nuova azienda fanno capo a Basilea 2. Tramite l’applicazione dei principi di “Basilea 2” viene identificata la proposta di revisione della normativa sull’adeguatezza patrimoniale degli istituti di credito, prevista, per l’appunto, dal Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, nell’obiettivo di tutelare la banca negli eventuali rapporti con clienti inadempienti e inaffidabili.
Nel caso di una nuova attività vengono richieste le firme di tutta la famiglia o ancora proprietà immobiliari e/o titoli giacenti in un’altra struttura bancaria. Mentre nel caso in cui l’attività sia già esistente, vengono richieste garanzie relative alla conduzione aziendale attuale e in prospettiva si valutano le possibilità produttive e di crescita future.
Fortunatamente c’è quel 5% di nuove leve che sa fare banca e guarda ancora i progetti imprenditoriali e i sogni dell’imprenditore stesso, sia esso alle prime armi o navigato.
Se ci fosse stato il vecchio funzionario di banca sicuramente non ci sarebbero stati rapporti di chiusura di conti correnti con indicazioni di 1 conto chiuso ogni 8, dai dati sulla cosiddetta customer retention, cioè la capacità degli istituti di credito di trattenere i correntisti. I dati sono riferiti al 2006, mentre per il 2007 il dato definitivo è di ben un conto corrente chiuso ogni sette.
Non è questione subprime. I dati del periodo subprime li conosceremo a fine anno, e certamente ci dovremo allarmare di più. E’ che la banca è diventata un’azienda che deve far profitto, sempre e di più. Devono essere vendute azioni, obbligazioni, assicurazioni, finanziamenti, carte revolving.
Bisogna vendere. Non più denaro come una volta, ma debiti, sempre di più e sempre possibilmente agli stessi soggetti, che forse una volta avrebbero comprato solo il denaro. Non c’è capacità da parte degli istituti di credito di trattenere i correntisti oppure sono i correntisti ad essere scarsamente coccolati dalle nuove e giovani leve inserite in banca e decidono di chiudere direttamente il conto corrente? Come è facile comprendere, le cose si sono complicate.
Il rapporto banca impresa non è più una semplice interazione tra due soggetti, cliente/direttore, ma a questo punto sono i numeri a farla da padrone. Ma sarà davvero così il futuro? Crediamo e speriamo ancora nelle favole. E’ meglio per tutti, vecchi funzionari e nuovi imprenditori.

Mario Mirabelli
Centro Studi Analisi Statistiche - Modena

domenica 26 agosto 2012

giovedì 23 agosto 2012

NEL MIRINO LA SANITA' E LA PREVIDENZA SOCIALE SOLE 24 ORE DEL 19/07/1993

PARAGONE TRA IL COLPO DI FORBICE DEL 1993 E IL TAGLIO DELLA SPESA ATTUALE.
Tratto dal SOLE 24 ORE 19 LUGLIO 1993.

In una analisi a cura di Alberto Trevissoi tratta dal Sole 24Ore del 19 luglio 1993, si parlava di tagli, tagli, tagli. Soprattutto alla Sanità e alla Previdenza Sociale.

Un denominatore comune delle stangate che quasi tutti i paesi, allora CEE, avevano varato in quei tempi, per contenere i deficit di bilancio pubblico.
In particolare Germania, Italia, Spagna e Grecia avevano sviluppato una riduzione delle spese, privilegiando questo aspetto in paragone all'aumento delle entrate fiscali.

Dopo oltre venti anni, visto che l'analisi era svolta su dati Ocse relativi al 1990, alcuni paesi come Italia, Spagna, Grecia sono allo stesso punto di partenza.

Oggi potremmo dire che il 'gioco dell'oca' al quale abbiamo partecipato è stato deleterio rappresentando una sconfitta, da un punto di vista fiscale, di crescita e di gestione del debito pubblico; quest'ultimo continua ad andare oltre ogni aspettativa politica ed economica.

Mario Mirabelli
Centro Studi Analisi Statistiche - Modena

COME AFFRONTARE AL MEGLIO UN COLLOQUIO DI LAVORO

CONSIGLI DA PARTE DI CONSULENTE AZIENDALE SU:
Come affrontare al meglio un colloquio di lavoro.

1. Essere informati: acquisire informazioni relative all'azienda per cui ci si candida e rileggere con cura l'annuncio a cui si è risposto.

2. Controllare l'emotività e l'ansia: il colloquio non va visto come un momento in cui si viene giudicati, ma come un'occasione da sfruttare a pieno, per scambiare informazioni utili con il selezionatore.

3. Atteggiamento professionale e dinamico: evitare sia un atteggiamento aggressivo o troppo sicuro di sè ma anche uno troppo informale o passivo. Apprezzati, l'atteggiamento professionale e la chiarezza di idee.

4. Essere coerenti: le domande del selezionatore possono vertere su diversi aspetti, dalle esperienze alle aspettative, fino all'autovalutazione del proprio carattere. E' importante essere coerenti.

5. Non mentire: meglio essere trasparenti, poichè un selezionatore abituato a gestire i colloqui non ci metterà molto a scoprire le incongruenze con il rischio di considerarvi inaffidabili.

6. Dimostrarsi disponibili e flessibili: evidenziare le proprie preferenze in ambito lavorativo e non mostrarsi disposti ad accettare qualunque lavoro, ma al tempo stesso dimostrare disponibilità ad adattarsi.

7. Ascoltare con attenzione e rispondere con chiarezza: tono pacato, lessico ricco e privo di espressioni dialettali, evitare divagazioni o al contrario risposte estremamente sintetiche.

8. Puntuali ma non troppo: l'ideale è arrivare 15 minuti prima dell'orario in modo da acclimatarsi osservando l'ambiente circostante.

9. Come vestirsi? Abbigliamento ordinato e sobrio. Anche adeguarlo al contesto lavorativo.

10. Mostrare curiosità: sempre interessati ad eventuali possibilità di porre domande al selezionatore. La dialettica relativa alla retribuzione va gestita con cautela.

Mario Mirabelli
Centro Studi Analisi Statistiche - Modena

martedì 21 agosto 2012

Quesito di fine Estate per i nostri Professori/Governanti

Gent.mi Professori,
considerando, sia il Vostro attuale incarico di governo, sia la recente affermazione dell'uscita dalla crisi, del nostro paese, supportata anche dalle affermazioni da parte delle agenzie di rating, che trasformano il nostro paese dal brutto anatroccolo in una bellissima principessa, ho necessità strettamente personali di capire come vorrete prendere in mano la situazione della crescita, ho deciso di porre alcune domande.

Spero di ricevere quanto prima queste risposte, in modo da poter dare un voto all'elaborato (come si fa durante un classico compito in classe o durante una interrogazione).
Ovviamente il tutto svolto in maniera obiettiva, indipendentemente dalla simpatia o meno nei Vostri confronti, così come del resto, tutti i Professori fanno, e così come sono certo avrete fatto anche Voi quando eravate impegnati nelle Vostre aule a tenere prestigiose lezioni pratiche e teoriche su vari temi.
Questa è la prima fase di quesiti. Sicuramente saranno successivamente necessari altri quesiti, che elencherò per fine anno 2012, in modo da lasciarVi il tempo di lavorare per il bene di tutti, otterrete così alla fine da parte mia e di chi parteciperà alle domande/risposte una valutazione finale e totale sul Vostro operato.

Ad ogni Domanda (D) è corredata la tipologia di Risposta (R) da fornire.

D. E' vero che siete sul binario giusto per ridurre il debito pubblico, ed è per questo motivo che stiamo per uscire dalla crisi? Rispetto al giorno del Vostro insediamento com'è cambiato il debito pubblico?
R. Descrivere la reale politica che verrà adottata e la differenza di valore numerico del debito pubblico.

D. E' vero che sono stati ridotti gli sprechi di denaro pubblico?
R. Se si di quanto? Fornire dati quantitativi e non percentuali.

D. Considerando che l'evasione fiscale, dopo decenni di analisi economiche, supportate da analisi giornalistiche pungenti nei confronti di chi non paga, sia il soggetto impossibilitato o sia il soggetto volontariamente incline al mancato pagamento, considerando tutto ciò, ed aggiungendo come l'evasione è una colpa sempre culturalmente attribuibita al possessore di Partita Iva, e in alcuni casi al dipendente pubblico, che fa doppi o tripli lavori (ad esempio lezioni private) senza su questi pagare alcuna tassa.
Considerando quanto premesso, Vi chiedo di quanto, anche tramite l'applicazione delle leggi antiriciclaggio, che sembravano fondamentali per la soluzione del problema, l'evasione fiscale si è ridotta?
R. Fornire in termini sia quantitativi che percentuali la differenza anno 2000 - anno 2006 - anno 2011.

D. E' vero che sono state ridotte le auto blu?
R. Fornire la risposta in termini numerici con confronto anno solare 2006.

D. E' vero che verranno ridotti i costi provenienti da tutti gli apparati pubblici politicizzati, che hanno in quasi 50 anni avuto una continua assunzione di personale fonte elettorale per il sistema politico italiano?
R. Risposta aperta.

D. E' vero che siete riusciti a mettere il nostro Paese su un binario di riduzione sprechi sanitari?
R. Fornire dati con confronto anno 2008 - anno 2010 - anno 2011.

D. E' vero che le Banche (cattive e speculatrici...) stanno ridando fiato e credito alle imprese? Se è vero perchè si parla di aziende che chiudono con numeri esponenzialmente elevati rispetto alle analisi statistiche degli anni passati?
R. Risposta aperta.

D. E' vero che la giustizia italiana sarà snella come quella europea, ci vorranno pochissimi mesi per una sentenza?
R. Risposta aperta

D. E' vero che non ci saranno più pagamenti lunghi per le aziende che vantano crediti nei confronti degli apparati statali?
R. Fornire il numero massimo di giorni entro cui una azienda verrà saldata in moneta euro, a partire dal 01 settembre p.v.

D. E' vero che volete ridurre la disoccupazione giovanile, considerando l'obbligo di crescita europeo?
R. Se ci sono politiche di lavoro giovanili concrete a breve termine per favorire la crescita, vengano qui descritte nel dettaglio.

D. E' vero che con le leggi antiriciclaggio si sono evitate fughe di capitali all'estero perchè le risorse sono rimaste in Italia e vengono usate per investimenti?
R. Risposta aperta.

D. E' vero che con la politica monetaria internazionale non ci sono e saranno più le speculazioni finanziarie che mettono in ginocchio le aziende italiane, siano esse quotate o meno?
R. Risposta aperta.

D. E' vero che il ceto medio in Italia ha le stesse caratteristiche economiche di 20 anni fa?
R. Risposta aperta.

D. E' vero che con la 's'vendita di immobili pubblici è previsto il doppio guadagno, formato da incassare per la vendita e incassare dall'Imu. Oppure chi acquista immobili in 's'vendita saprà per certo che poi non pagherà l'Imu?
R. Risposta aperta.

Buon lavoro.
mariomirabelli1@gmail.com