ECCO QUELLO CHE SCRIVEVO SU L'OPINIONE DELLE LIBERTA' 22 MARZO 2008
BANCHE
Adesso i clienti sono sconcertati. Hanno perso una figura di riferimento
Che fine hanno fatto i direttori
Quindi era un “do ut des” tra cliente e fornitore, l’uno “offriva” l’altro “prendeva” e soddisfaceva il suo bisogno imprenditoriale consistente nell’acquisto del macchinario innovativo o l’investimento strutturale e produceva, produceva, produceva…… e l’economia girava. Il Direttore era una figura che andava a fiuto guardando negli occhi l’imprenditore, conosceva la famiglia, vedeva le mani consumate e concedeva in piena autonomia più o meno qualsiasi cifra.
Non esistevano “voti” da parte della banca dati ai clienti, né tanto meno budget che il direttore doveva gestire nell’arco dell’anno, era tutto fatto alla buona ma sempre in maniera più che professionale. Sia che l’artigiano avesse alle spalle una famiglia ricca e macchinari all’avanguardia, sia che fosse una persona qualunque con velleità imprenditoriali, veniva agevolato e la banca era considerata come un’istituzione; il direttore era come il parroco o come il sindaco, sia nel piccolo paesino sia in città.
Il direttore dava sempre e comunque una mano! Era sereno e un po’ burocrate, questo fino alla fine degli anni Novanta, inizi del nuovo secolo. Appunto c’era una volta… e oggi?
Oggi? Il funzionario di banca o direttore, se gli va bene è rinchiuso nel backoffice centralizzato (i famosi poli, nel vero senso della parola, alquanto gelidi e con un marcato senso di solitudine), altri già in prepensionamento, altri ancora sulle strade, con patentino di promotore finanziario a procacciare nuova clientela per le stesse banche.
Non si vuole difendere qui, una categoria che non ha mai goduto di grandi simpatie, né tanto meno prendere le loro difese, ma il declino del bancario nella scala delle professioni si accompagna ad una profonda frattura di valori e opinioni esistente tra la base dei lavoratori (la cosiddetta rete) e il vertice degli istituti di credito, frattura che non ha paragoni in alcun settore.
Si tratta di associare la crisi di identità che affligge decine di migliaia di direttori di banca alla modesta qualità del servizio alla clientela, in particolare nelle grandi banche nazionali, e al fenomeno strisciante ma significativo dell’aumento delle perdite sui crediti di piccola e media dimensione.
Si tratta di dare un perché ai tanti clienti, che rimpiangono il vecchio direttore di banca, sconcertati dalle rotazioni continue di personale di filiale e stanchi di nuove strutture e banche specializzate che non si parlano tra loro, o stanchi dell’inserimento di nuove giovani figure bancarie che sposano il budget “da fare a tutti i costi” adottando un minaccioso rapporto con il cliente, sia esso solido o meno, ed un modo di fare banca che non è banca.
E da ultimo, indirettamente spiegare a tutti i clienti, la tenuta e la crescita delle piccole banche locali, che avrebbero dovuto cedere il passo per assenza di scala dimensionale e invece, fortunatamente e nella gran parte dei casi, continuano ad accogliere clientela insoddisfatta dai grandi operatori bancari.
Oggi il 95% delle nuove leve chiede al nuovo ed al vecchio cliente garanzie reali, spesso difficili da reperire e i parametri che vengono usati per gestire bancariamente una nuova azienda fanno capo a Basilea 2. Tramite l’applicazione dei principi di “Basilea 2” viene identificata la proposta di revisione della normativa sull’adeguatezza patrimoniale degli istituti di credito, prevista, per l’appunto, dal Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, nell’obiettivo di tutelare la banca negli eventuali rapporti con clienti inadempienti e inaffidabili.
Nel caso di una nuova attività vengono richieste le firme di tutta la famiglia o ancora proprietà immobiliari e/o titoli giacenti in un’altra struttura bancaria. Mentre nel caso in cui l’attività sia già esistente, vengono richieste garanzie relative alla conduzione aziendale attuale e in prospettiva si valutano le possibilità produttive e di crescita future.
Fortunatamente c’è quel 5% di nuove leve che sa fare banca e guarda ancora i progetti imprenditoriali e i sogni dell’imprenditore stesso, sia esso alle prime armi o navigato.
Se ci fosse stato il vecchio funzionario di banca sicuramente non ci sarebbero stati rapporti di chiusura di conti correnti con indicazioni di 1 conto chiuso ogni 8, dai dati sulla cosiddetta customer retention, cioè la capacità degli istituti di credito di trattenere i correntisti. I dati sono riferiti al 2006, mentre per il 2007 il dato definitivo è di ben un conto corrente chiuso ogni sette.
Non è questione subprime. I dati del periodo subprime li conosceremo a fine anno, e certamente ci dovremo allarmare di più. E’ che la banca è diventata un’azienda che deve far profitto, sempre e di più. Devono essere vendute azioni, obbligazioni, assicurazioni, finanziamenti, carte revolving.
Bisogna vendere. Non più denaro come una volta, ma debiti, sempre di più e sempre possibilmente agli stessi soggetti, che forse una volta avrebbero comprato solo il denaro. Non c’è capacità da parte degli istituti di credito di trattenere i correntisti oppure sono i correntisti ad essere scarsamente coccolati dalle nuove e giovani leve inserite in banca e decidono di chiudere direttamente il conto corrente? Come è facile comprendere, le cose si sono complicate.
Il rapporto banca impresa non è più una semplice interazione tra due soggetti, cliente/direttore, ma a questo punto sono i numeri a farla da padrone. Ma sarà davvero così il futuro? Crediamo e speriamo ancora nelle favole. E’ meglio per tutti, vecchi funzionari e nuovi imprenditori.
Mario Mirabelli
Centro Studi Analisi Statistiche - Modena
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