Negozi che chiudono a migliaia per il crollo dei consumi.
Come da pronostico il quadro desolante, messo su prima da Mario Monti e dal suo governo di pseudo-tecnici, poi dall'attuale Governo di misti destri e sinistri ha dato la mazzata definitiva ai consumi.
Chi ha capito cosa è il decreto del Fare? Cosa in concreto ha fatto per le aziende Italiane che stanno in Italia? A parte sbloccare qualche briciola di soldini pubblici che andranno più a dare respiro alle fatture che le aziende hanno già anticipato in banca semestri fa; soldini pubblici che ridurranno in minima parte l'esposizione economica delle aziende che hanno a che fare con il pubblico.
E l'azienda privata? Il professionista che non ha la fortuna di avere contratti di consulenza con le pubbliche amministrazioni che fa? Aspetta il fare o il da farsi? Le banche non erogano più da tempo. Non è vero che erogano rispetto allo scorso anno. Non è vero che la tassazione è ridotta e che questo governo viene incontro ad imprenditori. Non è vero che i servizi sono ripartiti. La disoccupazione sta andando verso numeri non consoni ad i quali non siamo abituati.
I politici continuano a parlare di soluzione per il Paese. Ma quali sono queste soluzioni?
Ma quanta ipocrisia c'è nel fare finta di niente anche a livello locale. Nel piccolo quartiere quanti sono i negozi chiusi? Ma i nostri politici lo sanno il significato della parola Insoluto?
Lo sanno che la banca per un insoluto applica una serie di costi esorbitanti?
Lo sanno i nostri politici che anche per un solo insoluto scattano segnalazioni sul sistema bancario?
Ma qui si fa finta di niente.
Poi ci si lamenta che le aziende chiudono o vanno via...
Veniamo ad alcuni dati: negli ultimi tempi, le attivita' che hanno delocalizzato le proprie strutture sono aumentate del 70% anno su anno. Qui sono rimaste quelle strutture a gestione interna con prodotti esterni oppure le aziende che hanno una tassazione differenziata ed usufruiscono di finanziamenti europei, per questo motivo.
Per quanto riguarda invece i consumi, le famiglie italiane nel 2013 spenderanno alla fine 5 miliardi di euro in meno per l'acquisto di vestiti e calzature, rispetto all'anno scorso.
La riduzione stimata, pari al 10%, si va ad aggiungere al dato negativo del 2012 (-10,2% pari a - 6,8 miliardi), per raggiungere quasi 10 mld.
Tra gennaio e luglio 2013 nonostante i saldi è stata registrata una riduzione del 7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
La causa principale, secondo la federazione, ''è chiaramente la riduzione della spesa degli italiani; ma sulle imprese pesano anche la pressione fiscale molto alta e il caro-casa", per via dell'aumento di tutto, gas, luce e anche il flop della liberalizzazione della benzina. Per non parlare poi dei costi bancari.
Mario Mirabelli
Prendiamo ad esempio quello che è scritto su:
http://www.isoladeicassintegrati.com/2013/08/19/titolare-della-firem-in-casa-mia-non-devo-chiedere-permesso-ad-altri
Il titolare della Firem di Formigine (Modena) ha approfittato delle vacanze estive dei lavoratori per svuotare la fabbrica e portare tutti i macchinari in Polonia a loro insaputa. I dipendenti lo hanno scoperto grazie a una soffiata arrivata proprio dallo stabilimento polacco, e adesso la fabbrica è presidiata della Fiom giorno e notte.
Fabrizio Pedroni, proprietario dell’azienda emiliana, ha risposto alle accuse del sindacato, sostenendo che le operazioni di trasloco sono state fatte di giorno “alla luce del sole” e che, in ogni caso, lui non era obbligato ad avvisare nessuno. “Io non sono tenuto a dare conto su dove voglio spostare i miei macchinari. Quando voglio fare un trasloco in casa mia non è che devo chiedere ad altri”, ha dichiarato per telefono a Gianpaolo Annese, giornalista del Resto del Carlino. “L’alternativa era chiudere tutto”, taglia corto.
La verità è che i titolari sono partiti garantendo che le attività produttive non sarebbero state spostate: si sapeva di una fusione, ma non di una delocalizzazione. “Avevano chiuso l’azienda il 2 agosto dicendo che si rientrava il giorno 26″, ricorda Cesare Pizzolla, segretario Fiom.
Perché le aziende delocalizzano in Polonia?
Lo ha fatto la Fiat qualche anno fa e, più recentemente, anche Indesit, ma la lista è lunga. Perché le aziende italiane spostano le loro produzioni in Polonia? La Polonia è stato uno dei primi paesi dell’Europa centro-orientale a passare dall’economia di stampo socialista all’economia di mercato. Questo processo ha richiamato ingenti investimenti stranieri, che il governo ha facilitato con aiuti mirati. Le normative fiscali riguardanti gli investimenti stranieri sono state ampiamente agevolate: varando delle misure speciali per la doppia imposizione con il fisco dei vari Paesi investitori, al fine di invogliare le società straniere ad investire in Polonia. Tra le agevolazioni per gli investitori stranieri, oltre ad imposte defiscalizzate e tassazione dei tributi ridotte, esiste anche la piena trasferibilità all’estero degli utili, la deduzione di tutti o parte dei costi di acquisto dalla base imponibile, e la deduzione di licenze, brevetti ed altri costi.
Lo stesso Pedroni difende il sistema polacco: “Qui in Polonia c’è gente che parla italiano, inglese, francese. Per le concessioni edili sono bastate due settimane; in tre settimane avrò visto il sindaco quattro volte, si confronta e aiuta, come i controlli dei vigili del fuoco”. E attacca l’Italia: “Secondo me, il sindaco di Formigine non sa neanche dove sia via dei Quattro Passi 114″, ha dichiarato alla Gazzetta di Modena. ”Quando ho chiesto aiuto all’amministrazione locale, non c’era nessuno. Il sindaco l’ultima volta mi ha trattato coi piedi”. Ma la colpa, secondo l’imprenditore, non è solamente della politica locale: “In Italia non è più possibile lavorare. Colpa della burocrazia, delle tasse e di una sistema creditizio bancario che è vergognoso”.
L’esigenza di una politica di sviluppo che aiuti le piccole e medie imprese italiane è un tema caldo da sempre. Eppure neanche il Governo del Fare o il suo Decreto del Fare sembrano averne tenuto conto. Come ha sottolineato la Fiom, però, in questo caso non si critica solamente la scelta di delocalizzare: sono i modi e i tempi a suscitare l’indignazione dei dipendenti. Martedì l’amministrazione ha organizzato un tavolo di confronto tra l’azienda e i sindacati, ma Pedroni non ha garantito la sua presenza. Per ripicca.
Il caso Firem in Parlamento
Intanto il MoVimento 5 Stelle ha promesso che porterà il caso Firem in Parlamento, secondo quanto comunicato da uno dei suoi deputati, Michele Dell’Orco, su Facebook.
“La Firem, azienda del mio paese a Modena, manda i lavoratori in ferie e nel frattempo senza dire nulla si trasferisce in Polonia in pieno agosto. Sono in autostrada verso casa e domani insieme ad alcuni attivisti 5 stelle sarò davanti all’azienda per capire meglio l’accaduto; martedi 20 sarò in aula e porteremo la questione a Roma. Inoltre voglio sapere cosa hanno fatto e che intenzioni hanno l’amministrazione locale del PD e il viceministro al lavoro modenese Guerra.”Domani sarà un giorno chiave per trovare risposta alle domande che circolano in queste ore. Chiuderà lo stabilimento di Formigine? Quanti lavoratori rimarranno senza lavoro? E quanti dipendenti seguiranno l’azienda in Polonia per mantenere il proprio posto?
di Marco Nurra | @marconurra
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