?!? Wind Jet !?! e i passeggeri !!!
Prendo spunto da un pezzo di articolo apparso su http://www.alod.it/?q=articolo/le-imprese-siciliane-gridano-aiuto, infatti il seguente passaggio è fondamentale vista l'attuale situazione, trattandosi di un articolo del 27 aprile 2012:
...Nel momento della disperazione o della difficoltà le imprese siciliane
si votano a chi può offrire loro un'ancora di salvezza. Wind jet ha
messo in mobilità i 504 dipendenti e aspetta che l'antitrust dia
l'ultimo ok all'operazione di acquizione da parte dell'Alitalia della
compagnia di bandiera siciliana. Un passo inevitabile, perchè Wind jet
pur essendosi ritagliata una fetta di mercato notevole nel low cost, ha
dovuto fare i conti con l'antagonismo di chi non ha mai digerito prezzi
bassi sulle tratte per Roma e Milano, creando una serie di ostacoli
diretti e indiretti, ma, soprattutto, l'azienda è finita nello stesso
ingranaggio impietoso che ha messo in crisi la maggior parte delle
compagnie aeree di tutto il mondo. Così non resta che il passaggio ad
Alitalia, che acquisisce il pacchetto Wind jet, l'esperienza low cost,
ma che dovrà spiegare cosa accadrà, appunto, dei dipendenti messi oggi
in mobilità...
Arrivati a questo punto, in cui la situazione per i dipendenti, per i passeggeri, per i creditori, è diventata insopportabile nell'arco di pochissime settimane, mi pongo alcuni quesiti:
1. ma chi ha finanziato, ad esempio le banche, la compagnia windjet non si sono accorti di come era la situazione finanziaria?
2. la società di consulenza che ha gestito e certificato i bilanci, oltre ad aver analizzato nel dettaglio tutte le voci contabili non si è resa conto di quello che stava succedendo?
3. i cittadini viaggiatori che dovevano andare in vacanza e che hanno acquistato i biglietti a prezzi vantaggiosi, e per questo motivo non gliene si può fare una colpa, con chi si rifaranno per rientrare del tempo perso, delle vacanze non fatte, dei sovraprezzi pagati ad altre compagnie sulle tratte inizialmente garantite da Windjet?
4. quali sono gli organi di controllo che dovevano controllare per tempo ed evitare che una situazione del genere si verificasse nella prima decade di agosto, nell'indifferenza generale, tanto oramai i buoi sono scappati?
5. la stampa economica nazionale (e non solo quella economica) conosceva la situazione?
Perchè queste cose succedono sempre in Italia, dove sono vigenti tantissime leggi e poi alla fine sono sempre i soliti a pagare?
Chi garantisce sul fatto che anche altre compagnie non siano messe nelle stesse condizioni di Windjet?
Attendo una risposta da qualcuno. Risposta che sono certo non arriverà mai.
Mario Mirabelli - Centro Studi Analisi Statistiche - Modena
lunedì 13 agosto 2012
martedì 7 agosto 2012
Confronti Puritani, ieri e oggi.
Arrivano i Puritani
Con l’arrivo, nel 1630, di 2.000 Puritani, seguiti entro il 1640 da altri 18.000, inizia la vera colonizzazione degli Stati Uniti.
I Puritani fondarono la Massachusetts Bay Colony, utilizzando il nome della compagnia con la quale avevano stipulato il contratto di colonizzazione, ossia la Massachusetts Bay Company di Londra, società nella quale molti di loro avevano una compartecipazione azionaria.
Nessuno si era imbarcato come indentured servant. Nello stesso 1630 fondarono la città portuale di Boston. Nei seguenti decenni diedero luogo alle colonie del cosiddetto New England puritano.
La
forma di governo adottata nelle colonie era simile a quella inglese di
allora.
Al posto del re o della regina c’era un governatore con ampi poteri, quindi un Parlamento bicamerale in cui la Camera Alta, corrispondente alla Camera dei Lord d’Inghilterra, era eletta dal governatore e la Camera Bassa era eletta dal “popolo”.
Questo solo sulla carta; in realtà solo i ricchi potevano votare.
Al posto del re o della regina c’era un governatore con ampi poteri, quindi un Parlamento bicamerale in cui la Camera Alta, corrispondente alla Camera dei Lord d’Inghilterra, era eletta dal governatore e la Camera Bassa era eletta dal “popolo”.
Questo solo sulla carta; in realtà solo i ricchi potevano votare.
Per
poter sia votare sia ricoprire cariche pubbliche occorreva innanzitutto
essere maggiorenni, maschi e bianchi; generalmente nel New England occorreva
anche essere degli anziani della Chiesa Congregazionalista, così come i
Puritani chiamarono, in America, la loro confessione.
I requisiti minimi patrimoniali erano dappertutto molto alti (Massachusetts e Connecticut bisognava avere un’attività che rendesse 40 sterline all’anno, oppure beni immobili valutati almeno la stessa cifra; in Rhode Island 40 sterline e che rendesse almeno la stessa cifra ogni anno; in New Jersey almeno 40 ettari di terreno, più un’attività o dei beni immobili valutati almeno 50 sterline; in Virginia minimo 20 ettari di terreno, più una casa in città; Georgia e nella Carolina del Nord minimo 20 ettari di terreno; nella Carolina del Sud almeno 40 ettari di terreno e una casa in città, ecc.).
Da questo livello di requisiti, traspare quanto si fossero divaricate, fin da subito, le economie dei due “blocchi” coloniali: il New England si dirigeva verso il commercio e le colonie del sud verso il latifondo agricolo.
I requisiti minimi patrimoniali erano dappertutto molto alti (Massachusetts e Connecticut bisognava avere un’attività che rendesse 40 sterline all’anno, oppure beni immobili valutati almeno la stessa cifra; in Rhode Island 40 sterline e che rendesse almeno la stessa cifra ogni anno; in New Jersey almeno 40 ettari di terreno, più un’attività o dei beni immobili valutati almeno 50 sterline; in Virginia minimo 20 ettari di terreno, più una casa in città; Georgia e nella Carolina del Nord minimo 20 ettari di terreno; nella Carolina del Sud almeno 40 ettari di terreno e una casa in città, ecc.).
Da questo livello di requisiti, traspare quanto si fossero divaricate, fin da subito, le economie dei due “blocchi” coloniali: il New England si dirigeva verso il commercio e le colonie del sud verso il latifondo agricolo.
I Puritani
I Puritani del New England furono in schiacciante superiorità numerica sino alla Guerra di Indipendenza, e mantennero una maggioranza fino al 1880 circa.
Traevano ogni ispirazione dal Vecchio Testamento, o almeno erano convinti di farlo.
L’idea fondamentale era che la ricchezza materiale, e il benessere materiale, compreso quello fisiologico, rappresentava un segno di elezione divina.
Un individuo era eletto se Dio lo predestinava alla virtù di osservare i Comandamenti. Non c’era obbligo alla solidarietà reciproca né a compiere opere di bene. Il rispetto richiesto per i Comandamenti era letterale, cioè formale. La figura di Gesù era totalmente ignorata, benché certamente si definissero “cristiani”.
I Puritani, come tutti gli altri Protestanti, operarono una certa mirata selezione anche nell’ambito del Vecchio Testamento, a ulteriore dimostrazione del principio utilitaristico alla base di tutta l’operazione. Questo si può vedere nella schiavitù, proprietà privata, capitalismo, nell’obliterazione dei debiti, ecc. Accolsero dalle Sacre Scritture quello che più faceva comodo.
Un concetto molto importante per i Puritani, che si rivelò gravido di conseguenze inaspettate, fu quello di popolo eletto.
Al popolo eletto Dio destina una patria opulenta, e i Puritani certamente si diressero in America pensando che fosse la loro Terra Promessa. Gli indiani erano destinati alla distruzione per loro mano così come lo erano stati i cananei per Giosuè e i Giudici. Non solo, ma quando i Puritani scorgeranno un po’ più in là una terra ricca o in qualche modo appetibile penseranno sempre di averne diritto, un diritto che giustificherà anche i mezzi più cruenti, stermini compresi. Naturalmente il rispetto dei Comandamenti era limitato all’ambito del popolo eletto.
I Puritani e la politica
Nelle colonie i residenti avevano un’ampia possibilità di autogoverno.
I governatori badavano a che fossero salvi i principi della legislazione inglese, soprattutto nella forma, e cercavano di intervenire il meno possibile; il loro stipendio era poi fissato dai coloni.
I Puritani poterono così organizzarsi come volevano, tranne che per l’eliminazione della monarchia, che riuscirono a realizzare solo con la Guerra di Indipendenza.
In campo religioso essi non riconobbero più la gerarchia della Chiesa d’Inghilterra, e bandirono tutte le manifestazioni esteriori di culto introdotte arbitrariamente dalla Chiesa Cattolica: i vestimenti rituali, il segno della croce, particolarmente nel battesimo, la genuflessione durante la Comunione, l’uso della fede nel matrimonio, l’osservanza delle festività per i Santi, compresa la celebrazione del Natale.
L’organizzazione
politica era basata su due concetti fondamentali: l’uomo singolo che
doveva essere assolutamente libero di poter fare la sua fortuna
materiale, vincolato solo dai Comandamenti; e la comunità che doveva
solo sorvegliare a che i medesimi fossero appunto rispettati.
I Puritani non operavano nessuna distinzione fra autorità politica e religiosa; ogni congregazione era quindi una piccola teocrazia. L’autorità era esercitata da una sorta di consiglio dei saggi o degli anziani, che ricalcava il concetto del Presbiterio di Calvino.
Le colonie inglesi del Nuovo Mondo erano quindi delle oligarchie basate sul danaro; quelle del New England e di alcune del Sud erano anche teocratiche.
I Puritani rappresentavano l’antitesi della democrazia.
Essi non credevano affatto che gli uomini fossero tutti uguali, e tantomeno che avessero tutti gli stessi diritti. Alcuni in effetti potevano anche essere ridotti in schiavitù.
L’accesso a tale oligarchia non poteva essere negato a chi, diventato ricco, dimostrava di essere per definizione uno di loro. Di qui deriva un altro aspetto della loro apparente democraticità, oltre che del loro repubblicanesimo: l’abolizione del concetto di élite per via ereditaria e l’introduzione del concetto di elite aperta, appunto “democratica”.
I Puritani non operavano nessuna distinzione fra autorità politica e religiosa; ogni congregazione era quindi una piccola teocrazia. L’autorità era esercitata da una sorta di consiglio dei saggi o degli anziani, che ricalcava il concetto del Presbiterio di Calvino.
Le colonie inglesi del Nuovo Mondo erano quindi delle oligarchie basate sul danaro; quelle del New England e di alcune del Sud erano anche teocratiche.
I Puritani rappresentavano l’antitesi della democrazia.
Essi non credevano affatto che gli uomini fossero tutti uguali, e tantomeno che avessero tutti gli stessi diritti. Alcuni in effetti potevano anche essere ridotti in schiavitù.
L’accesso a tale oligarchia non poteva essere negato a chi, diventato ricco, dimostrava di essere per definizione uno di loro. Di qui deriva un altro aspetto della loro apparente democraticità, oltre che del loro repubblicanesimo: l’abolizione del concetto di élite per via ereditaria e l’introduzione del concetto di elite aperta, appunto “democratica”.
In
pratica, alla nobiltà per diritto divino, indimostrabile, di stampo
medioevale i Puritani sostituirono la nobiltà per diritto divino
dimostrabile, appunto attraverso la ricchezza materiale. Gli americani
attuali accettano di buon grado che i loro dirigenti politici e alti
funzionari dello Stato siano quasi tutti uomini estremamente ricchi, e
la giustificazione risiede implicitamente in quel ragionamento puritano.
I Puritani e l’economia
I Puritani naturalmente diedero vita ad un sistema capitalista puro. Tale sistema è ancora il sistema, non solo economico, ma sociale in senso lato degli attuali Stati Uniti, dove tutto o quasi è privato o gestito da privati, come ad esempio molte carceri.
Per i Puritani tutto si poteva comprare col danaro, e tutto doveva essere venduto per danaro; sempre nel rispetto formale dei Comandamenti.
Così nel New England c’erano pure gli schiavi: neri comprati dai mercanti di schiavi calvinisti olandesi ma anche indiani e indiane catturati sul luogo e tenuti come domestici o stallieri. Però la schiavitù non ebbe mai nel New England una diffusione paragonabile a quella del Sud: la sua economia era basata sul commercio e la sua agricoltura era floridissima ma suddivisa in tante piccole aziende a conduzione familiare, dove la produzione era diversificata e la mano d’opera richiesta piuttosto specializzata. Nei porti di Boston e New York invece c’erano molti schiavi.
Le tasse saranno sempre la questione primaria nelle colonie: i Puritani non accettavano il principio di affidare al governo la gestione del gettito fiscale; c’erano rischi di una politica di redistribuzione dei redditi.
I Puritani e la morale
La morale dei Puritani consisteva nel rispetto formale dei Comandamenti, che permetteva loro ogni iniquità nella sostanza. In più tale legge valeva solo nell’ambito del popolo eletto dei Puritani: gli altri, in particolare i selvaggi indiani, potevano essere derubati, catturati come schiavi, anche uccisi.
Per esempio i rapporti sessuali con le donne indiane non costituivano reato, neanche da parte di Puritani sposati.
Le donne erano ritenute le “sorelle di Eva tentatrice”, il mezzo preferito dal Maligno per tentare la virtù degli uomini e distoglierli dal loro patto con Dio. Non potevano mostrare in pubblico più della faccia e delle mani, e ciò valeva anche per le bambine di ogni età.
Anche il divorzio, da sempre in uso presso gli americani, era ammesso dai Puritani, che lo praticavano con ancora maggiore frequenza vista la seria proibizione dell’adulterio. I reati sessuali erano puniti con straordinario rigore. Per l’adulterio e l’omosessualità era comminata la pena di morte. L’adulterio si verificava anche nel caso in cui la donna fosse solo fidanzata.
Ogni comunità aveva i suoi watchmen (“sorveglianti”), dipendenti comunali il cui compito era di controllare il comportamento delle persone e di riferire al pastore della chiesa. Erano dei delatori, che origliavano dietro gli angoli e spiavano dalle finestre. Scapoli e zitelle erano naturalmente i più controllati.
I Puritani collegavano la salute fisica con l’intervento divino, e i disordini mentali con quello del Diavolo.
Alla scuola i Puritani dedicarono subito una attenzione che precorreva i tempi.
C’erano due necessità, i Comandamenti e gli affari: per seguire i primi occorreva conoscere la Bibbia, e quindi saper leggere, mentre per i secondi oltre a ciò occorreva saper fare i conti. Ogni township quindi aveva almeno una scuola e un maestro, pagati dalla municipalità, e ce n’erano altri nelle città. Il livello di alfabetismo fra i Puritani era senz’altro il più alto delle colonie americane.
Nel 1640 c’erano già nel New England circa 300 pastori diplomati in loco. L’Harvard College, divenuto gradualmente una università, è il più antico college degli Stati Uniti. Sempre come seminari nacquero nel 1701 l’università di Yale, nel 1764 l’università di Brown nel Rhode Island e nel 1769 l’università di Darthmouth nel New Hampshire.
Tali istituzioni garantirono ai Puritani una superiorità culturale schiacciante nell’ambito coloniale sino alla Guerra di Indipendenza.
Il poema più letto dagli americani di tutti i tempi è The Day of Doom (Il Giudizio Universale) pubblicato nel 1662 in Massachusetts dal puritano Michael Wiggleworth, nel quale la teologia calvinista è messa in versi settenari.
Le caratteristiche culturali e psicologiche dei Puritani si sono conservate negli americani: anche per loro tutto deve mirare al raggiungimento della ricchezza.
L’editoria quindi ha un carattere essenzialmente pratico, con prodotti che nei vari generi hanno raggiunto col tempo livelli di eccellenza (i manuali americani sono punti di riferimento nei vari settori). Gli autori di talento, più che indagare la realtà, cioè la verità, mirano a confezionare opere di successo presso il vasto pubblico. Così si sono specializzati nella fiction, nelle opere di evasione, dove di nuovo eccellono di gran lunga su tutti per la capacità di presentare storie e situazioni assurde in modo verosimile. Hollywood riassume tale attitudine tipicamente americana.
tratto da http://www.disinformazione.it
sabato 4 agosto 2012
Un racconto 'poliziesco'...
di Gian Marco Chiocci e Simone di Meo
Diaz, la polizia racconta
Operazione della Diaz studiata a tavolino come risposta dello Stato
L'irruzione vista con gli occhi di un poliziotto
cronaca/ diaz-la-polizia-racconta_43 67560072.htm
Diaz, la polizia racconta
Operazione della Diaz studiata a tavolino come risposta dello Stato
L'irruzione vista con gli occhi di un poliziotto
L'assalto alla Diaz. I mesi di preparazione. E quello che successe
dopo. All'indomani della sentenza della Corte di Cassazione, Gian Marco
Chiocci e Simone di Meo hanno raccolto nel libro Diaz la testimonianza
di Vincenzo Canterini, allora comandante del primo reparto mobile di
Roma e creatore del 'Settimo nucleo sperimentale per interventi di
ordine pubblico' e condannato a cinque anni, pena poi ridotta a tre anni
e tre mesi il 5 luglio, per il blitz al G8 di Genova. L'altra verità,
quella del poliziotto che si sente tradito dalla polizia.
Quello che segue è un estratto del capitolo in cui Canterini racconta l'assalto alla Diaz.
Operazione della Diaz studiata a tavolino come risposta dello Stato
Percepivo i prodromi drammatici di uno show studiato a tavolino, replicato l’indomani con la conferenza stampa organizzata dentro a un’aula della Diaz. I cronisti erano tutt’intorno a un tavolo rettangolare dov’erano esposte le armi sequestrate: mazze, picconi, sassi, caschi, coltelli, maschere antigas, magliette nere. E quelle due bottiglie di Chianti doc bevute alla salute dei grandi del pianeta e successivamente riempite con il liquido infiammatorio tipico della guerriglia.
L’operazione era stata pensata, ideata, orchestrata e coordinata come dura risposta dello Stato che fino a quel momento s’era fatto trovare impreparato in occasione del summit mondiale. Come spiegare altrimenti la presenza trafelata nel cortile, prim’ancora di rendere noto il numero degli arrestati e delle armi sequestrate, dell’addetto alle pubbliche relazioni della polizia?
Non so di chi fu l’idea di allertare anzitempo tivù, radio e giornali per magnificare un intervento dalle conseguenze tutt’altro che scontate. Ma fu sbagliata. Mi fu detto - ma a me sembrava francamente una cosa fuori dalla grazia di Dio - che i ragazzi che uscivano ammaccati dalla scuola erano rimasti feriti negli scontri della mattina; insomma, si tentò di darla a bere a me e a qualcun altro facendoci credere che quello fosse il lazzaretto dei black bloc.
NELLA SCUOLA ECHEGGIAVANO URLA DISUMANE. Gli anfibi degli agenti rimbombavano sordi inciampando sui contusi e slittando sopra vetri rotti, vestiti strappati, pozzanghere di sangue. Giuro, erano pozzanghere.
Dietro la porta che dava sulla palestra notai i primi feriti, piangevano accasciati contro la parete. Urla disumane, terrificanti, sembravano provenire dall’aldilà. Vidi gente calpestata dalle scarpe dei poliziotti. Presi la via delle scale facendo lo slalom tra panche rovesciate e gli ultimi agenti che mi sorpassavano mentre salivo. Avevo deciso di fare un sopralluogo in tutti i piani, ma il proposito sarebbe rimasto tale, a causa di ciò che vidi non appena alzai il piede dall’ultimo gradino della rampa.
AL PRIMO PIANO C'ERA LO SCANNATOIO. La mia vita andò in testacoda. Mi bloccai appena mi si presentò davanti agli occhi lo scannatoio al primo piano. Inizialmente pensai a un campo di battaglia dovuto a violente resistenze. Perché resistenze, checché se ne dica, a cominciare dalle cancellate sprangate e dagli oggetti lanciati dalla finestre, ve ne furono molte tra gli occupanti. Gli abusi dei rappresentanti dello Stato ci furono e furono ingiustificabili. Ma alla Diaz non fu tutto bianco e nero, i manifestanti non erano tutti buoni e i poliziotti non erano tutti cattivi. I miei capisquadra, per dire, raccontarono di scontri cruenti.
GOS, I REPARTI PIÙ CRUDELI DELLA POLIZIA. Ma i veri demoni, quelli che hanno approfittato dell’impunità dopo aver goduto a percuotere anziani claudicanti e ragazze nei sacchi a pelo, erano vestiti in jeans e maglietta con il fratino 'polizia'. Erano quelli che indossavano la divisa 'atlantica', i caschi lucidi e i cinturoni bianchi (i nostri U-boot erano invece opachi, i cinturoni neri). Erano anche gli appartenenti, così si diceva nell’ambiente, a un misterioso gruppo operativo speciale ribattezzato Gos.
I fantasmi del Gos, come i mazzieri in abiti civili, diversi da noi per minimi dettagli cromatici su caschi e cinturoni, avevano un tratto distintivo comune: il volto irriconoscibile, coperto da foulard o mefisti. Solo per questo l’hanno scampata.
QUALCHE AGENTE SOCCORSE I FERITI. Salendo le scale sentii un grido potente, categorico: «Ora basta! Basta! Tutti fuori». Feci qualche passo in più e trovai uno dei miei, inginocchiato e senza casco, che soccorreva come poteva una ragazza rannicchiata su se stessa. Aveva i capelli rasati, le trecce sulla nuca, il cranio fracassato da cui fuoriusciva sangue a fiotti e materia cerebrale. Il poliziotto che aveva dato lo stop alla mattanza e che vegliava sulla moribonda aspettando l’ambulanza era Fournier.
Nel cortile ritrovai l’assembramento di forze che aveva partecipato alla perquisizione e che lasciò quel camposanto di manganellati molto tempo oltre i quattro minuti di permanenza del Settimo nucleo. Venni a sapere poi che nella concitazione al primo piano, Fournier aveva preso di petto un grasso collega impegnato a simulare un coito su una ragazza carponi, e aveva inveito contro altri quattro agenti. Non era stato il solo a ritrovarsi a sottrarre i feriti dalla furia bestiale di gente pagata per difendere lo Stato.
ALLA FINE LA FARSA DELLE MOLOTOV. In quei momenti andò in scena la farsa delle molotov trovate altrove e piazzate all’interno della scuola a cose fatte. Non vidi niente e seppi quel che avevano combinato solo successivamente, dai giornali.
Provarono a tirarci addosso pure quel fango poiché chi aveva partecipato materialmente al trasporto delle bottiglie in un sacchetto di plastica azzurro era una vecchia conoscenza del Reparto mobile di Roma: il vicequestore Pietro Troiani. Se ne era andato mesi prima per sue esigenze personali, e a Genova, per quanto ne sapevo, era alle dipendenze di Donnini.
Cosa sia successo con quelle bottiglie non lo so. Non l’ho mai saputo. E nessuno saprà mai com’è andata davvero perché il tempo per parlare è scaduto con la Cassazione.
IL FUNZIONARIO CHE PARLA NON À GIUDA. In questa storia l’unico che ha portato la croce trovando la forza di rompere la consegna al segreto è stato Fournier. Non sto qui a giudicare, a dire se ha fatto bene, se ha fatto male, se avesse dovuto dirlo prima, se il segreto se lo sarebbe dovuto portare nella tomba perché siamo tutti una famiglia e i panni sporchi non si lavano all’aperto.
Il riferimento alla «macelleria messicana» nella Diaz, nel verbale del 2002, e alle «colluttazioni unilaterali» raccontate durante il processo, con la descrizione di cinque poliziotti che menavano calci come asini su poveri cristi terrorizzati a terra, ha fatto il giro del mondo e per alcuni colleghi quel funzionario è diventato un Giuda. Ma non è un Giuda.
Mi chiedo, e chiedo a chi indossa la divisa e legge queste pagine: peggio lui o i Ponzio Pilato che nell’ombra hanno picchiato, tramato, depistato rovinando colleghi che sapevano innocenti?
Quello che segue è un estratto del capitolo in cui Canterini racconta l'assalto alla Diaz.
Operazione della Diaz studiata a tavolino come risposta dello Stato
Percepivo i prodromi drammatici di uno show studiato a tavolino, replicato l’indomani con la conferenza stampa organizzata dentro a un’aula della Diaz. I cronisti erano tutt’intorno a un tavolo rettangolare dov’erano esposte le armi sequestrate: mazze, picconi, sassi, caschi, coltelli, maschere antigas, magliette nere. E quelle due bottiglie di Chianti doc bevute alla salute dei grandi del pianeta e successivamente riempite con il liquido infiammatorio tipico della guerriglia.
L’operazione era stata pensata, ideata, orchestrata e coordinata come dura risposta dello Stato che fino a quel momento s’era fatto trovare impreparato in occasione del summit mondiale. Come spiegare altrimenti la presenza trafelata nel cortile, prim’ancora di rendere noto il numero degli arrestati e delle armi sequestrate, dell’addetto alle pubbliche relazioni della polizia?
Non so di chi fu l’idea di allertare anzitempo tivù, radio e giornali per magnificare un intervento dalle conseguenze tutt’altro che scontate. Ma fu sbagliata. Mi fu detto - ma a me sembrava francamente una cosa fuori dalla grazia di Dio - che i ragazzi che uscivano ammaccati dalla scuola erano rimasti feriti negli scontri della mattina; insomma, si tentò di darla a bere a me e a qualcun altro facendoci credere che quello fosse il lazzaretto dei black bloc.
NELLA SCUOLA ECHEGGIAVANO URLA DISUMANE. Gli anfibi degli agenti rimbombavano sordi inciampando sui contusi e slittando sopra vetri rotti, vestiti strappati, pozzanghere di sangue. Giuro, erano pozzanghere.
Dietro la porta che dava sulla palestra notai i primi feriti, piangevano accasciati contro la parete. Urla disumane, terrificanti, sembravano provenire dall’aldilà. Vidi gente calpestata dalle scarpe dei poliziotti. Presi la via delle scale facendo lo slalom tra panche rovesciate e gli ultimi agenti che mi sorpassavano mentre salivo. Avevo deciso di fare un sopralluogo in tutti i piani, ma il proposito sarebbe rimasto tale, a causa di ciò che vidi non appena alzai il piede dall’ultimo gradino della rampa.
AL PRIMO PIANO C'ERA LO SCANNATOIO. La mia vita andò in testacoda. Mi bloccai appena mi si presentò davanti agli occhi lo scannatoio al primo piano. Inizialmente pensai a un campo di battaglia dovuto a violente resistenze. Perché resistenze, checché se ne dica, a cominciare dalle cancellate sprangate e dagli oggetti lanciati dalla finestre, ve ne furono molte tra gli occupanti. Gli abusi dei rappresentanti dello Stato ci furono e furono ingiustificabili. Ma alla Diaz non fu tutto bianco e nero, i manifestanti non erano tutti buoni e i poliziotti non erano tutti cattivi. I miei capisquadra, per dire, raccontarono di scontri cruenti.
GOS, I REPARTI PIÙ CRUDELI DELLA POLIZIA. Ma i veri demoni, quelli che hanno approfittato dell’impunità dopo aver goduto a percuotere anziani claudicanti e ragazze nei sacchi a pelo, erano vestiti in jeans e maglietta con il fratino 'polizia'. Erano quelli che indossavano la divisa 'atlantica', i caschi lucidi e i cinturoni bianchi (i nostri U-boot erano invece opachi, i cinturoni neri). Erano anche gli appartenenti, così si diceva nell’ambiente, a un misterioso gruppo operativo speciale ribattezzato Gos.
I fantasmi del Gos, come i mazzieri in abiti civili, diversi da noi per minimi dettagli cromatici su caschi e cinturoni, avevano un tratto distintivo comune: il volto irriconoscibile, coperto da foulard o mefisti. Solo per questo l’hanno scampata.
QUALCHE AGENTE SOCCORSE I FERITI. Salendo le scale sentii un grido potente, categorico: «Ora basta! Basta! Tutti fuori». Feci qualche passo in più e trovai uno dei miei, inginocchiato e senza casco, che soccorreva come poteva una ragazza rannicchiata su se stessa. Aveva i capelli rasati, le trecce sulla nuca, il cranio fracassato da cui fuoriusciva sangue a fiotti e materia cerebrale. Il poliziotto che aveva dato lo stop alla mattanza e che vegliava sulla moribonda aspettando l’ambulanza era Fournier.
Nel cortile ritrovai l’assembramento di forze che aveva partecipato alla perquisizione e che lasciò quel camposanto di manganellati molto tempo oltre i quattro minuti di permanenza del Settimo nucleo. Venni a sapere poi che nella concitazione al primo piano, Fournier aveva preso di petto un grasso collega impegnato a simulare un coito su una ragazza carponi, e aveva inveito contro altri quattro agenti. Non era stato il solo a ritrovarsi a sottrarre i feriti dalla furia bestiale di gente pagata per difendere lo Stato.
ALLA FINE LA FARSA DELLE MOLOTOV. In quei momenti andò in scena la farsa delle molotov trovate altrove e piazzate all’interno della scuola a cose fatte. Non vidi niente e seppi quel che avevano combinato solo successivamente, dai giornali.
Provarono a tirarci addosso pure quel fango poiché chi aveva partecipato materialmente al trasporto delle bottiglie in un sacchetto di plastica azzurro era una vecchia conoscenza del Reparto mobile di Roma: il vicequestore Pietro Troiani. Se ne era andato mesi prima per sue esigenze personali, e a Genova, per quanto ne sapevo, era alle dipendenze di Donnini.
Cosa sia successo con quelle bottiglie non lo so. Non l’ho mai saputo. E nessuno saprà mai com’è andata davvero perché il tempo per parlare è scaduto con la Cassazione.
IL FUNZIONARIO CHE PARLA NON À GIUDA. In questa storia l’unico che ha portato la croce trovando la forza di rompere la consegna al segreto è stato Fournier. Non sto qui a giudicare, a dire se ha fatto bene, se ha fatto male, se avesse dovuto dirlo prima, se il segreto se lo sarebbe dovuto portare nella tomba perché siamo tutti una famiglia e i panni sporchi non si lavano all’aperto.
Il riferimento alla «macelleria messicana» nella Diaz, nel verbale del 2002, e alle «colluttazioni unilaterali» raccontate durante il processo, con la descrizione di cinque poliziotti che menavano calci come asini su poveri cristi terrorizzati a terra, ha fatto il giro del mondo e per alcuni colleghi quel funzionario è diventato un Giuda. Ma non è un Giuda.
Mi chiedo, e chiedo a chi indossa la divisa e legge queste pagine: peggio lui o i Ponzio Pilato che nell’ombra hanno picchiato, tramato, depistato rovinando colleghi che sapevano innocenti?
venerdì 13 luglio 2012
Omaggio a Carlo M. Cipolla - The Basic Lws of Human Stupidity - il Mulino
Le cinque leggi fondamentali della stupidità, in onore di Carlo M. Cipolla.
1. sempre e invitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
2. la probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
3. una persona è stupida se causa un danno a un'altra persona o a un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sè o addirittura subendo un danno.
4. le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide; dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare o associarsi con individui stupidi costituisce infallibilmente un costoso errore.
5. la persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
Le cinque leggi fondamentali della stupidità, in onore di Carlo M. Cipolla.
1. sempre e invitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
2. la probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
3. una persona è stupida se causa un danno a un'altra persona o a un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sè o addirittura subendo un danno.
4. le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide; dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare o associarsi con individui stupidi costituisce infallibilmente un costoso errore.
5. la persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
domenica 17 giugno 2012
ELEZIONI IN GRECIA 17 GIUGNO 2012
Oggi si vota in Grecia.
I Greci vogliono tornare indipendenti, vogliono rivivere con la loro politica monetaria e ci riusciranno, principalmente perchè non vogliono essere schiavi monetari di nessuno, avendo loro potenzialità e fantasia che altri paesi dell'Europa hanno soffocato in questi ultimi dieci anni.
I Greci nel 1998 avevano un consumo per abitante, relativamente ad alimentari, abbigliamento, spese per alloggio, sanità, divertimenti, ristoranti, alberghi, varie di € 6.048 contro i € 10.614 dell'Italia e ad esempio € 14.883 della Germania.
Niente è cambiato rispetto a molti anni fa in termini di parametro analitico, fatto cento quel valore 'greco' si sono mantenute le stesse distanze, è molto cambiata invece la politica fiscale.
Ecco perchè oggi la Grecia voterà per cercare una sua indipendenza.
Una indipendenza che dovrà trovare un concorde accordo tra la estrema destra e la estrema sinistra.
Anche perchè il sistema borsistico recepirà negativamente quanto avverrà in Grecia. Quindi se tutti speravano in una speculazione post voto a favore della conferma dell'euro nel paese ellenico, hanno fatto i conti senza l'oste.
Questo è il mio personale pensiero.
Mario Mirabelli
Fonte dei dati L'Expansion, Gennaio 1998
Oggi si vota in Grecia.
I Greci vogliono tornare indipendenti, vogliono rivivere con la loro politica monetaria e ci riusciranno, principalmente perchè non vogliono essere schiavi monetari di nessuno, avendo loro potenzialità e fantasia che altri paesi dell'Europa hanno soffocato in questi ultimi dieci anni.
I Greci nel 1998 avevano un consumo per abitante, relativamente ad alimentari, abbigliamento, spese per alloggio, sanità, divertimenti, ristoranti, alberghi, varie di € 6.048 contro i € 10.614 dell'Italia e ad esempio € 14.883 della Germania.
Niente è cambiato rispetto a molti anni fa in termini di parametro analitico, fatto cento quel valore 'greco' si sono mantenute le stesse distanze, è molto cambiata invece la politica fiscale.
Ecco perchè oggi la Grecia voterà per cercare una sua indipendenza.
Una indipendenza che dovrà trovare un concorde accordo tra la estrema destra e la estrema sinistra.
Anche perchè il sistema borsistico recepirà negativamente quanto avverrà in Grecia. Quindi se tutti speravano in una speculazione post voto a favore della conferma dell'euro nel paese ellenico, hanno fatto i conti senza l'oste.
Questo è il mio personale pensiero.
Mario Mirabelli
Fonte dei dati L'Expansion, Gennaio 1998
NON C'E' TRE SENZA QUATTRO (ERRORI) DEL PROF.
Di seguto un brano tratto da Facebook.com e da altri siti i cui link sono allegati alla fine.
"Nel giugno 1981, una commissione di studio, presieduta da Paolo Baffi, direttore generale di Bankitalia, deliberò di seguire lo schema d'un giovanotto, molto stimato dai Rothschild, tale Mario Monti, il quale propose l'emissione di titoli a lungo termine, con aste mensili e quindicinali, in modo...... che il rendimento cedolare fosse fissato dal mercato, con scadenze tra i 5 e i 7 anni.
Il che, a detta del professore, garantiva il potere d'acquisto e, secondo gli esiti delle aste, un piccolo rendimento dell'1-2%. Il Tesoro, zufolò Monti, avrebbe avuto da 5 a 7 anni per programmare e finanziare meglio la spesa pubblica. La proposta passò con standing ovation. Il deficit andò su come un proiettile. Le spese aumentarono invece di diminuire. Mentre Mario Monti procurava il credito a tassi impossibili, aumentarono tasse e benzina, le spese sanitarie sfondarono di mille miliardi di lirette il finanziamento statale. "
NEL 1989 COME "CONSULENTE ESPERTO" DEL MINISTRO DEL BILANCIO CIRINO POMICINO:
"... Eppure,il premier Mario Monti, chiamato a salvare l'Italia dai gorghi del default, tra il 1989 e il 1992, erano i tempi del sesto e settimo governo Andreotti, non riuscì a impedire il peggio. Cioè l'esplosione del rapporto tra debito e pil preludio della grande tempesta finanziaria che al principio degli anni Novanta costrinse Giuliano Amato alla manovra da 103.000 miliardi di vecchie lire. In quei tre anni il peso del debito balzò dal 93,1% del 1989 al 98% del 1991 e al 105,2% del 1992. Un vero boom, insomma, pari al 12,9% in termini relativi e al 44,5% in cifre assolute, da 533,14 miliardi di euro a 799,5 "
ED ORA, SECONDO VOI, DAL NOVEMBRE 2011, CHIAMATO QUASI D'IMPERIO DA "O RE" NAPOLITANO, MONTI MARIO E' ADVENUTO A NOI QUALE "NUME TUTELARE" DELLA NOSTRA ECONOMIA PER UN NUOVO "CRESCI ITALIA",
O COME "ACCABADORA NAZIONALE" PER ACCOMPAGNARE NELLA VIA DELL'"EURO SENZA SPERANZA" GLI ULTIMI "SINGULTI" CONVULSI E FERALI DELLA NOSTRA ITALICA DIGNITA' ED INDIPENDENZA ???
"... In termini di Teoria dei Mass Media, sintetizzata, sarebbe questa la fase due dell’attuale governo italiano, quella succeduta al “decreto salva-Italia”??? Si sono dimenticati di spiegare chi ha salvato chi, come, dove, quando e per quanto) e che il nostro baldo ragionier Mario Monti, a metà gennaio, ebbe la sfrontatezza di definire “la fase della crescita e dello sviluppo”.
Stanno lanciando la moda della “sistematica produzione di falsi”.
Avendo capito di non essere assolutamente in grado né di gestire l’attuale travaglio del paese, né tantomeno sviluppare delle idee creative per il bene comune della nazione, dando fiato all’economia, rilanciando gli investimenti e allargando l’occupazione aprendo il mercato del lavoro, il governo si dedica ormai sistematicamente alla produzione di falsi. Dimostrati e dimostrabili anche da un bambino."
http://www.italiaoggi.it/ giornali/ dettaglio_giornali.asp?prev iew=false&accessMode=FA&id =1768757&codiciTestate=1&s ez=hgiornali&testo&titolo= Lemme+lemme+la+Germania+si +sta+acquistando+la+Sicili a
http:// sergiodicorimodiglianji.blo gspot.it/2012/04/ il-governo-monti-dice-bugie -diffondono.html
http://www.facebook.com/ photo.php?fbid=307809829292 649&set=a.145529325520701. 36299.145336488873318&type =3&theater
Mario Mirabelli Centro Studi Analisi Statistiche Modena
"Nel giugno 1981, una commissione di studio, presieduta da Paolo Baffi, direttore generale di Bankitalia, deliberò di seguire lo schema d'un giovanotto, molto stimato dai Rothschild, tale Mario Monti, il quale propose l'emissione di titoli a lungo termine, con aste mensili e quindicinali, in modo...... che il rendimento cedolare fosse fissato dal mercato, con scadenze tra i 5 e i 7 anni.
Il che, a detta del professore, garantiva il potere d'acquisto e, secondo gli esiti delle aste, un piccolo rendimento dell'1-2%. Il Tesoro, zufolò Monti, avrebbe avuto da 5 a 7 anni per programmare e finanziare meglio la spesa pubblica. La proposta passò con standing ovation. Il deficit andò su come un proiettile. Le spese aumentarono invece di diminuire. Mentre Mario Monti procurava il credito a tassi impossibili, aumentarono tasse e benzina, le spese sanitarie sfondarono di mille miliardi di lirette il finanziamento statale. "
NEL 1989 COME "CONSULENTE ESPERTO" DEL MINISTRO DEL BILANCIO CIRINO POMICINO:
"... Eppure,il premier Mario Monti, chiamato a salvare l'Italia dai gorghi del default, tra il 1989 e il 1992, erano i tempi del sesto e settimo governo Andreotti, non riuscì a impedire il peggio. Cioè l'esplosione del rapporto tra debito e pil preludio della grande tempesta finanziaria che al principio degli anni Novanta costrinse Giuliano Amato alla manovra da 103.000 miliardi di vecchie lire. In quei tre anni il peso del debito balzò dal 93,1% del 1989 al 98% del 1991 e al 105,2% del 1992. Un vero boom, insomma, pari al 12,9% in termini relativi e al 44,5% in cifre assolute, da 533,14 miliardi di euro a 799,5 "
ED ORA, SECONDO VOI, DAL NOVEMBRE 2011, CHIAMATO QUASI D'IMPERIO DA "O RE" NAPOLITANO, MONTI MARIO E' ADVENUTO A NOI QUALE "NUME TUTELARE" DELLA NOSTRA ECONOMIA PER UN NUOVO "CRESCI ITALIA",
O COME "ACCABADORA NAZIONALE" PER ACCOMPAGNARE NELLA VIA DELL'"EURO SENZA SPERANZA" GLI ULTIMI "SINGULTI" CONVULSI E FERALI DELLA NOSTRA ITALICA DIGNITA' ED INDIPENDENZA ???
"... In termini di Teoria dei Mass Media, sintetizzata, sarebbe questa la fase due dell’attuale governo italiano, quella succeduta al “decreto salva-Italia”??? Si sono dimenticati di spiegare chi ha salvato chi, come, dove, quando e per quanto) e che il nostro baldo ragionier Mario Monti, a metà gennaio, ebbe la sfrontatezza di definire “la fase della crescita e dello sviluppo”.
Stanno lanciando la moda della “sistematica produzione di falsi”.
Avendo capito di non essere assolutamente in grado né di gestire l’attuale travaglio del paese, né tantomeno sviluppare delle idee creative per il bene comune della nazione, dando fiato all’economia, rilanciando gli investimenti e allargando l’occupazione aprendo il mercato del lavoro, il governo si dedica ormai sistematicamente alla produzione di falsi. Dimostrati e dimostrabili anche da un bambino."
http://www.italiaoggi.it/
http://
http://www.facebook.com/
Mario Mirabelli Centro Studi Analisi Statistiche Modena
martedì 5 giugno 2012
Germany Is Preparing for Greek Bankruptcy
Autore:
Edward Harrison
The mood in Germany is still about cutting Greece loose to save Italy and Spain. My translation of an excerpt of a German-language article from Spiegel is below:
German Finance Minister Wolfgang Schäuble (CDU) is preparing for a bankruptcy in Greece, according to to SPIEGEL sources. Finance ministry officials are playing through all the scenarios which could arise in the event of a default in the country. There are basically two variations of a Greek bust. In the first, the country remains inside the monetary union. In the other, it leaves the Euro currency, and reinstitutes the drachma again. The EFSF, the European rescue fund, plays a key role in the deliberations. It must be be equipped with the new powers which were agreed at the crisis summit in late July as soon as possible.The article goes on to mention that Greece’s Finance Minister has recently announced that the economy is expected to contract by a full 5% instead of 3.8% as assumed during the previous rounds of bailout negotiation. The budget deficit target cannot be met in that case. So clearly, the Germans are now forced to face the prospect of default in Greece.
Two mechanisms are taking center stage in Germany’s deliberations: First, Schäuble’s officials are focused on preventive credit lines aimed at helping countries like Spain or Italy, if investors refuse to lend to them borrow following a Greek insolvency. Banks in many countries in the euro zone could also become dependent on billions from the rescue fund, because they would have to write off their holdings of Greek government bonds. Such consequences can be expected, regardless of whether Greece stays in the euro zone or leaves.
There are two schools of thought about a Greek default concerning Spain and Italy. Portugal and Ireland are separate less systemic issues. In the one school, contagion increases and Spain and Italy come under pressure. The Germans are making preparations for this eventuality. In the second school of thought, a Greek default lessens pressure on Greece and Italy as Greece is seen as “a special case”.
For example, the Spanish daily El Pais writes (my translation):
The countries of the euro zone breached the deficit limit (3% of GDP) and debt limit (60%) established by the Maastricht Treaty on 137 occasions between 2000 and 2010, according to Eurostat. Germany, the country that now stands as a champion of fiscal discipline, and France exceeded these limits 14 times each, while Spain and Ireland, did so only 4 to 5 times respectively – and never before the recent crisis. The best students were Finland, Luxembourg and Estonia which always complied with the rules.The primary insinuation of the article is that the Germans are hypocrites in that they were in violation of the SGP repeatedly before the crisis and now they are acting as if they are the paragons of fiscal virtue. This is something I discussed in detail in my May 2010 article “Spain is the perfect example of a country that never should have joined the euro zone.” But the undertone here is also about Greece being a special case, a debtor that was repeatedly in violation of the stability and growth pact which deserves to be treated differently. And, yes, in Germany and the Netherlands, there is a lot more sympathy for Ireland which kept budget discipline pre-crisis and has attempted to take on austerity with zeal post-crisis.
Greece, however, violated both the deficit and debt limit every year. Also exceeding the maximum public debt limit in the eleven years analyzed by Eurostat (see accompanying table)were Italy, Belgium and Austria. The criterion which limits public deficits to a maximum of 3% was exceeded on 60 occasions. The deficit ceiling is the main criteria agreed in the Stability and Growth Pact (SGP), established in 1997. The SGP was the instrument designed to monitor public finances of the euro zone countries to compensate for the lack of fiscal policy in the euro zone layout.
Nevertheless, the question about contagion really hinges on the ECB at this point. The EFSF is too small to deal with either Spain or Italy effectively while they attempt to get back under the 3% hurdle and their bond spreads remain extra-wide. And the ECB is an unreliable provider of liquidity. The resignation of ECB chief economist Juergen Stark tells us that. When I say “the euro zone is coming apart at the seams now”, I mean that political cohesion is all but gone. The policy outlook is extremely volatile as major policy makers in the EU, in member states, and at the ECB have extremely discordant policy messages. Some like the Dutch Prime Minister are openly talking of how to break up the euro.
Let’s go further and talk about ‘openness’ in the context of rising economic nationalism and a double dip recession which strains the fiscal rectitutde of all euro member states. Europe is going to become more conservative, more nationalistic and more xenophobic on European-wide issues like free trade, open borders, and free labour movement. The same is true in the US. As I said in April:
Again, I do appreciate a well-argued case that this is not what is likely to happen. But unless we see a multi-year recovery economy in which the nagging debt and default issues are entirely removed, economic nationalism will return with a vengeance.In my view that means that the European experiment will be under great stress. The Spanish and the Portuguese or the Irish and the British or the Germans and the Dutch would then feel an affinity for each other that the Greeks and the Germans or the Finnish and the Spanish might not.
What does that mean for policy? It means unilateralism. You see the Danes putting up restrictions on the Schengen agreement. You see the Dutch PM talking about tossing out member countries from the euro zone. And you see lots of western Europeans talking about the ‘coming wave’ of immigration from Bulgaria and Romania with dread.
In a deep downturn, these tensions will boil over and the cohesion cannot last. It’s pure speculation how far the anti-openness wave will proceed. But the minimum I expect is at least 1 or 2 members leaving the eurozone, restrictions on Romanian and Bulgarian workers, and a few more dissenters to Schengen.
Tratto da:
www.economonitor.com 11 settembre 2011
Iscriviti a:
Post (Atom)