venerdì 29 maggio 2020

IL TEMA DELLE EROGAZIONI BANCARIE AL TEMPO DEL CORONA VIRUS


IL TEMA DELLE EROGAZIONI BANCARIE AL TEMPO DEL CORONA VIRUS

Mi occupo di rapporti banca impresa da circa 21 anni, ho constato come vi sia stato un cambio di impostazioni negli stessi, principalmente dovuto alle dinamiche obbligate dai ‘famosi’ parametri di Basilea 2 e Basilea 3.

L’impostazione del rating, concetto obbligatorio perché all’interno delle dinamiche basate sugli accordi di Basilea (2) ha portato la banca ad una maggiore attenzione relativa all’erogazione, già da qualche decennio, trasformando la banca, la filiale in un vero e proprio ‘negozio’ di vendita di servizi finanziari.

C’è da sottolineare come il sistema di finanziamento al quale da sempre le aziende attingono le liquidità necessarie per lo svolgimento delle loro attività imprenditoriali, in un meccanismo sia per lo sviluppo, l’investimento e la crescita aziendale, ma anche nei momenti di difficoltà per il sostentamento e la copertura dei costi è oggi un mero ricordo. Infatti la tendenza che si è consolidata negli ultimi anni circa l’inversione del ciclo dei profitti, riducendo il potenziale dello sviluppo autonomo delle aziende, ha rafforzato l’influenza degli enti creditori nell’economia del Paese dando un potere enorme alle banche stesse.

Questa crisi economica da covid, che ha colpito in gran parte la piccola media impresa, con l’aumento esponenziale dei fallimenti avuti negli anni passati e certificati dai dati Istat, relativi a questa voce, ha ingenerato di conseguenza nelle banche l’aumento delle perdite sui crediti alle aziende, complicando i rapporti tra il mondo della Finanza e la realtà imprenditoriale italiana. I recenti casi di cronaca non cessano di mostrare come il rapporto Banca-Impresa sia sempre più teso e ai limiti delle responsabilità penali: istituti di credito implicati a loro volta in importanti crack finanziari e imprese mantenute in vita grazie a discutibili attività di finanziamento.

Tutto ciò, ha messo in risalto, come l’istituzione bancaria abbia perso quel profilo sociale che la rappresentava. Vero è che la banca avrebbe dovuto sempre attenersi ai principi di correttezza e diligenza, tipici della sua attività, situazione non applicata, dopo le verifiche dei recenti simil-crack di alcuni istituti (vedere Vicenza, Bari, ecc.). A mio avviso, il rapporto di concessione del credito tra istituto e impresa non si esaurisce in sé stesso, ma presuppone un profilo di rilevanza pubblicistica: ovvero l’affidamento del terzo circa la precisa erogazione del credito da cui discende l’affidamento circa la solidità dell’impresa finanziata.

E’ anche vero che, se alla fine del secolo scorso gli istituti di credito sembravano aver acquisito giuridicamente una situazione privilegiata in ordine alle responsabilità nei confronti del cliente e dei terzi, in questi ultimi anni, le vicende giudiziarie dimostrano come i Giudicanti hanno compiuto la scelta di sanzionare in termini di responsabilità il comportamento della banca per gli eventuali danni causati al cliente e ai terzi nell’esercizio dell’attività: l’ingiustificata revoca dell’affidamento, il caso di abusiva concessione di credito, nonché tutti i casi in cui la banca concorra a diverso titolo nei c.d. reati fallimentari.

In un momento ‘Covid’ come questo è fondamentale quanto indicato nel decreto Cura Italia, infatti l’importanza e la responsabilità della banca, inserite nel decreto stesso, riportano la banca ad avere un atteggiamento di massima attenzione nei confronti di colui il quale effettua la richiesta per evitare eventuali problemi successivi.

Al riguardo sorgono alcuni dubbi, che spingeranno a riflessioni successive più profonde:

1.       La ‘partita iva’ finanziabile ora non è certo abbia un ciclo di vita nel periodo indicato come durata del finanziamento.

2.       La responsabilità oggettiva e soggettiva del deliberante è normata da tempo, da una serie di leggi che fanno parte del Testo Unico Bancario, e di eventuali successive modifiche, perché in questo preciso istante storico si fa attenzione maniacale all’erogazione della liquidità?

3.       Non era il caso di erogare incondizionatamente a tutti senza alcun controllo, considerando il punto 1 e avendo contezza della garanzia dello Stato come ultima ratio?

4.       Il confronto con altri paesi europei non è praticabile, proprio perché in Italia vige il TUB. Infatti, ad esempio, in alcuni ordinamenti europei, quali quello francese o belga, il profilo di responsabilità extracontrattuale della banca non assume di certo caratteri di straordinarietà, si consideri che con le codificazioni dell’Ottocento si apre, nei paesi dell’Europa Continentale, e nonostante la base comune romanista, una netta divaricazione fra il modello francese, adottato dal Code Napoléon del1804, e il modello tedesco, elaborato dalla pandettistica e confluito alla fine del secolo nel BGB. Il primo opta per la atipicità dell’illecito, innovando rispetto al diritto romano, il secondo per la tipicità dei casi di responsabilità extracontrattuale restando maggiormente fedele alle fonti romanistiche.

5.       TUB e parametri di Basilea si fondono sempre di più con il passare degli anni, ma questa fusione tra pratica e legislazione riportano ad un mix ingestibile nel ns. paese, facendo considerarci la banca sempre di più come un ente profittatore rispetto al bisogno di liquidità della partita iva.

Tutto ciò sopra indicato si basa, anche, ma non solo, sull’articolo del codice civile 2043 che indica ‘qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno [2058], pertanto la concessione abusiva del credito, è ovviamente bivalente, nell’ambito giuridico, vi può anche essere una visione ‘al contrario’.

Se si approfondisce la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 7030/2006 la Corte individua una duplice responsabilità in capo alla banca in ordine al danno subito da abuso di credito: una di natura extra-contrattuale in capo ai terzi, e una di natura contrattuale derivante da un danno diretto cagionato al patrimonio della stessa società fallita.

Quindi nell’ambito del decreto Cura Italia vi è una doppia arma, una a favore della banca, certamente ben carica e molto più potente, ma vi è anche un’arma a favore dell’azienda, arma più piccola ma capace, comunque, di creare un danno alla struttura finanziaria che non può, o non vuole erogare, il credito, lasciando la partita iva (di qualunque entità essa sia) al suo destino.

Dott. Mario Mirabelli

Centro Servizi San Geminiano Modena



Fonte:

ISTAT

Broccardi.it

Dirittopenaleglobalizzazione.it

venerdì 15 maggio 2020

L'IMPORTANZA DELLA VALUTAZIONE DI AZIENDA AL TEMPO DEL CORONA VIRUS COVID 19


Il professionista e la valutazione d’azienda

A cura del Dott. Mario Mirabelli - Centro Studi Analisi Statistiche - Modena



La valutazione d’azienda, dal punto di vista tecnico, nell’ambito dei criteri di analisi e di studio delle attività aziendali, ha sempre più subito un notevole cambiamento sia in termini di sostanza che in termini di forma, arrivando ad essere sempre più volgarizzata.

Ciò è avvenuto sia per una cattiva informazione sull’utilizzo finale, sia per una sorta di “timore”, da parte del professionista di riferimento, nel fornire alla proprietà, quel valore dell’azienda che spesso può non coincidere con quello atteso dalla stessa. Prima di dare una definizione, poniamo l’attenzione sulle varie, ma qui da ribadire, motivazioni che ruotano intorno alla classica valutazione d’azienda. Le motivazioni legate ad una richiesta valutativa possono essere di varia natura e possono riguardare:

• Cessioni/acquisto d’azienda o di un suo ramo; • Emissione di azioni/obbligazioni; • Recesso/ingresso di un socio; • Fusione, scissione, scorporo, trasformazione, cessione di quote; • Conferimento in società; • Aumento di capitale; • Apporto d’azienda; • Procedimenti giudiziali o stragiudiziali; • Esproprio per motivi di pubblico interesse; • Rapporto con le banche; • Affitto d’azienda; • Procedure concorsuali; • Divisione di azienda; • Giudizi arbitrali; • Donazione d’azienda.

Evidenziando come, anche il settore informatico, sia di aiuto alla classica valutazione di azienda con una presenza sempre più marcata, di software di vario tipo e qualità, che utilizzano i più svariati metodi di valutazione, si evince che non esistono più particolari ostacoli tecnici alla stima di una azienda. In questo contesto il fattore ed il valore aggiunto, forniti dall’esperto, fanno la differenza, come di seguito meglio si descrive. Ragioniamo partendo, dalla semplice definizione, chiave contenuta nell’articolo 2555 del codice civile: L’azienda è il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa. Il valore dell’azienda non coincide con quello dei singoli beni che la compongono, ma dall’unitarietà degli stessi, organizzati tra loro al fine di creare un valore aggiunto derivante proprio dal loro rapporto armonico e sinergico. Quando si parla di azienda si deve comprendere l’universalità dei beni e dei rapporti ad essa facenti capo, composti dai beni materiali (mobili ed immobili) ed immateriali, dai rapporti con il personale e con la clientela, dalle posizioni attive e passive, nonché dalle scelte imposte dall’imprenditore al fine di perseguire lo scopo di lucro.

L’azienda ha l’obiettivo di creare valore aggiunto continuativamente nel tempo. L’esperto di riferimento è coinvolto, oggi come ieri, sempre più nel rapporto armonico e sinergico che si va a creare. Nel concetto di partenza, per valutare un’azienda, è indispensabile considerare l’avviamento. Il dilemma è spesso legato alla quantificazione di tale valore, che può essere ovviamente soggettiva oppure oggettiva, a seconda che si valorizzi la persona dell’imprenditore (o della proprietà) o il maggior valore creato dal rapporto tra fattori produttivi e le attività e passività facenti capo all’azienda, in questo caso vengono utilizzati in dettaglio i dati contabili, utili successivamente anche per la stesura del bilancio.

L’avviamento è individuabile nella capacità dell’azienda di conseguire redditi nel tempo e la sua attitudine ad ottenere utili; va pertanto inquadrato come una vera e propria “qualità dell’impresa” sulla quale incidono numerosi fattori, dalla clientela all’organizzazione aziendale, dall’ubicazione all’abilità gestoria dell’imprenditore. L’avviamento può essere il fulcro ed il principio di tutta la valutazione insieme agli altri parametri che sono altrettanto importanti ma individuabili come il corretto contorno. Tenendo ben presente il concetto della curva relativa al ciclo di vita di un’azienda, che parte da zero arrivando ad un punto massimo, per poi ritornare verso lo zero, tale impostazione concettuale mette in risalto e caratterizza i cambiamenti e gli sviluppi dell’azienda nel tempo. Dapprima nasce il progetto imprenditoriale che verrà sviluppato, il quale può attraversare fasi congiunturali altalenanti (alte, stabili, basse …).

Raggiunto lo scopo sociale l’impresa può essere venduta, trasmessa a successori o addirittura liquidata e cessata. Tutto questo mette in risalto quanto sia importante il perché tenere in considerazione “gli avviamenti”, perché infatti anche un’azienda con difficoltà oggi, ha avuto un avviamento, che è comunque da considerare, nel suo passato;, così come un’azienda solida oggi ha avuto, ieri un avviamento da considerare nell’ambito valutativo. Ritornando alla precedente indicazione concettuale di avviamento, non è un caso che nell’attuale entrata in vigore di Basilea 4, che va ad affiancare, per poi più avanti sostituire gli oramai famosi parametri di Basilea 2 e Basilea 3, l’avviamento abbia una rilevanza di ampio peso valutativo.

Ritornando alla precedente indicazione concettuale di avviamento, non è un caso che nella futura entrata in vigore di Basilea 4, sono gli accordi internazionali sui requisiti patrimoniali delle banche, regole che stanno avendo ricadute importanti sull’accesso al credito (come avevano con Basilea 2 e Basilea 3) di cui possono godere oggi ed in futuro le imprese. Valutare un’azienda significa prendere in seria considerazione principalmente elementi informativi che non sempre sono identificabili nei numeri, ma è proprio su questi che possono reggersi tutte le analisi e teorie successive.

È naturale che poi subentrino, nel giudizio del valore dell’azienda, numeri e concetti di derivazione quali-quantitativa, poiché il giudizio è fondato anche sulla soggettività, relatività e indipendenza operativa e professionale dell’esperto cioè del valutatore, nonché sulla sua autonoma capacità di valutare. La differenza nell’ambito valutativo, quindi, la fa il professionista, rendendo la stima di un’azienda non più un’operazione complessa e difficoltosa, variabile a seconda delle finalità per cui la si effettua, del metodo utilizzato e della persona che la valuta, ma da attuarsi con l’applicazione di metodi logici, dimostrabili, chiari e condivisi. Una perizia non potrà mai essere oggettiva, ma per poterla rendere il più obiettiva possibile è necessario porre in essere alcuni accorgimenti: 1) fare riferimento a giudizi esterni al proprio ambito valutativo come ad esempio confronti con altre stime, col prezzo negoziato, con risultati di valore in campi similari, con dati di comparazione; 2) ricorrere ad una pluralità di criteri valutativi, presupponendo che “le incongruenze” dovute alla scelta del metodo possano in tal modo essere eliminate per compensazione con un altro metodo; 3) raccogliere un numero di informazioni il più ampio possibile da vagliare e analizzare. In tali occasioni un supporto fondamentale viene dall’imprenditore che più di chiunque altro conosce l’azienda. La sua competenza è insostituibile per valutare lo stato delle macchine, le potenzialità produttive di un complesso funzionante, la qualificazione del personale, la composizione dei costi, le scorte e il mercato. Anche in una fase di sviluppo aziendale. Scrive Luigi Guatri, precursore teorico e pratico della Valutazione d’Azienda in uno dei suoi trattati: ‘i risultati delle valutazioni aziendali sono spesso intesi (e proposti) come dati certi: siano essi espressi entro definiti “intervalli”, o ancor più con una cifra unica che vorrebbe lasciar intendere una precisione quasi infinitesimale. Nulla di più falso! Simili convincimenti sono pure illusioni, remote dalla realtà.’



1: Basilea 4 fa riferimento a normative di diversa origine e natura che modificano le precedenti regole prudenziali adottate dalle banche denominate “Basilea 3″. L’entrata in vigore è prevista dal 2021 al 2027 in maniera progressiva e nel rispetto dei Modelli Standard per la misurazione del rischio.

2: Basilea 3 dovrebbe superare gli ostacoli della precedente formulazione dando più rilevanza agli aspetti locali dell’economia, rendendo non più flessibile, ma più idonea la valutazione delle singole fattispecie. Per fare un esempio pratico, si è riscontrato come un credito non portato all’incasso nei 180 giorni per una azienda del Nord Italia sia un credito praticamente in insolvenza mentre nel Sud della penisola sia perfettamente normale una simile situazione. Un credito non portato all’incasso nell’esercizio deprime il reddito operativo, il R.O.E., il R.O.I. con tutte le conseguenze del caso.

2: Con Basilea 2 si assegna un coefficiente di rating all’impresa che richiede un finanziamento; in base a tale valutazione si stabilisce quanto l’azienda sia affidabile e quale sia il costo che la stessa sostiene nell’acquisto del denaro. Nel definire i parametri per l’assegnazione del rating fondamentale per gli istituti di credito è la valutazione della capacità espressa dall’impresa di remunerare il capitale proprio e quello dei terzi.

mercoledì 6 maggio 2020

LA LEGGE 3/2012 SOVRAINDEBITAMENTO O ANTISUICIDI

La legge sul sovraindebitamento (Legge n. 3 del 27 gennaio 2012), definita anche ‘legge antisuicidi’ o legge ‘salva debiti’ permette a chi è in gravi difficoltà economiche di liberarsi dai debiti, riducendone l’ammontare, e dilazionando i pagamenti, attraverso una procedura presso il tribunale chiamata esdebitazione. È sostanzialmente la considerazione dei debiti del debitore civile, ma non solo, come vedremo di seguito.
Per accedere alla procedura di esdebitazione occorre:
- essere un soggetto non fallibile o essere un debitore che non svolge attività imprenditoriali o professionali (condizione soggettiva);
- trovarsi in una situazione di sovraindebitamento, ovvero aver contratto debiti a cui non è più possibile far fronte (condizione oggettiva).
La Legge sul sovraindebitamento riconosce al debitore la facoltà di redigere un accordo con i creditori. La proposta viene redatta con l’ausilio degli Organismi di Composizione della Crisi (OCC), istituiti c/o ogni Tribunale, che sono rappresentati da Commercialisti o Avvocati, iscritti rispettivamente ai propri ordini e che abbiano sostenuto un corso abilitante ad hoc, si sostanzia in un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano di ammortamento degli stessi, che assicuri il pagamento dei debiti contratti senza pregiudicare i diritti di chi all’accordo non ha aderito. Tale proposta di accordo verrà sottoposta al Giudice tramite l’OCC designato (possiamo assimilarlo ad un Consulente Tecnico di Ufficio), che rimane super partes. L’elemento in grado di incidere sensibilmente sulla posizione del debitore in difficoltà risiede nella possibilità di sospensione di ogni azione individuale esecutiva da iniziarsi o già in corso.
Le procedure di sovraindebitamento sono tre: il piano del consumatore, l’accordo di composizione della crisi e la liquidazione. La prima è accessibile solo ai consumatori, cioè alle persone fisiche che abbiano contratto debiti per scopi estranei all’attività di impresa o professionale, eventualmente svolta. La seconda è accessibile, nella legge da tutti i soggetti non fallibili, anche dai consumatori (pur essendo a loro già riservata una procedura ad hoc e cioè il piano del consumatore). La terza riguarda tutti.
Accade, che se la procedura viene accolta, vi è la sospensione di tutti i debiti fino a quel momento in atto, (per legge vi è la sospensione anche delle eventuali procedure esecutive) e si effettua la rimodulazione della posizione debitoria nei confronti di tutti i creditori indicati.
In futuro la legge 3/2012 doveva confluire nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14) in data 15.08.2020 ma, tale entrata in vigore è stata rinviata al 01.09.2021.
A mio avviso, da un punto di vista meramente tecnico oltre che pratico, questo slittamento è da considerarsi un errore, proprio in virtù del periodo storico in cui ci troviamo.
Relativamente alle richieste effettuate, si consideri che per il solo anno 2018, si hanno i seguenti numeri, per il nord oltre 1.700 procedure, per il centro oltre 560, per il sud oltre 1.220.
Il tasso di accoglimento è di poco superiore ad una media del 23%. In alcuni casi vi è l’errata impostazione della domanda, oppure, il rigetto per mancanza dei requisiti.
In base alla mia personale esperienza professionale ritengo che questo dato debba essere visto come un punto di partenza, a maggior ragione per la situazione economica che si verrà a creare post epidemia.
Dott. Mario Mirabelli
Centro Servizi San Geminiano Modena
*fonte dei dati: Istat, Ministero della Giustizia, Il Sole 24 Ore, Italia Oggi, Milano Finanza

sabato 2 maggio 2020

NUMERO DI SUICIDI PER MOTIVAZIONI ECONOMICHE, ANALISI STATISTICHE E NON SOLO



Premesso che il 9 maggio 2012 avevo già affrontato tale argomentazione analizzando i dati che all’epoca erano reperibili sui vari siti istituzionali, premesso il rispetto assoluto per chi purtroppo fa una scelta così estrema in un momento non certamente facile e/o felice della vita, ho necessità, da statistico quale sono, di porre massima attenzione su alcuni numeri inerenti questo argomento che stanno facendo capolino nell’ambito delle informazioni di cronaca.

A mio avviso va fatto un confronto più ampio sui dati di vari anni, ad esempio, il 2005 i suicidi ‘accertati’ per motivi economici (accertati dalle autorità di pubblica sicurezza), sono stati 123 rispetto ad un totale suicidi italia di 2892. Mentre nel 2010 abbiamo avuto 187 suicidi ‘accertati’ per motivi economici rispetto ad un totale generale di 3048 suicidi.

Va considerato che l’Istat da anni, non prende in considerazione rilevazioni specifiche nel campo dei suicidi per motivazioni economiche, (scelta tecnico/informativa che non ho mai compreso), alla fine del presente lavoro ho inserito le fonti da cui ho attinto tutti i dati sottoelencati.

Arrivati a questo punto invito ognuno a fare le proprie valutazioni sui successivi dati e relativi solo ai suicidi per motivazioni economiche.



Anno 2012 n° suicidi per motivazione economica 89

Anno 2013 n° suicidi per motivazione economica 146

Anno 2014 n° suicidi per motivazione economica 201

Anno 2015 n° suicidi per motivazione economica 189

Anno 2016 n° suicidi per motivazione economica 147

Anno 2017 n° suicidi per motivazione economica 103

Anno 2018 n° suicidi per motivazione economica 110

Anno 2019 n° suicidi per motivazione economica 98

In media la fascia più colpita da questa ecatombe è quella che va dai 34 ai 64 anni.

Sarebbe il caso, secondo la mia opinione, di riflettere bene su questi dati.

Nel primo bimestre 2020 da siti web e giornali locali si evince un dato pari ad un numero di 29 (?) suicidi dovuti a problematiche economiche, ovviamente è un dato parziale e ripeto basato su notizie giornalistiche, ma chiedo, perché non si fa riferimento ai numeri precedentemente indicati per evitare, quella che citavo prima come una ecatombe ulteriore?

Perché non si prendono provvedimenti seri e concreti sulla situazione economica attuale?

Perché non si va a definire una strategia di supporto concreta da parte delle amministrazioni locali nei confronti dei soggetti meno tutelati a livello psico/sociale? La classe politica dal nazionale al locale conosce certamente questi numeri, perché non si affronta una volta per tutte l’argomento, in maniera pratica e non teorica?

Perché non si parla di un problema così grave, affrontandolo in maniera diretta, invece di riportare un trafiletto in cronaca locale?

Perché non si crea uno sportello di supporto locale, che con l’ausilio di professionisti ‘ascolta’ costruttivamente (attività non praticata dai più coinvolti nella politica attuale), le problematiche di un imprenditore, di un pensionato e/o di chiunque altro possa avere la necessità di ‘sfogare’ le proprie ansie, e la stessa amministrazione politica non mette in contatto il soggetto con problemi economici con professionisti che possono aiutarlo ‘gratuitamente’ ad uscire da una situazione a dir poco difficile, da un punto di vista psicologico prima ed economica poi?

Perché si continua a mettere la polvere sotto il tappeto, in un paese definito democratico e propenso all’industria, che ha una massima attenzione verso l’ambito sociale? (oppure queste parole: industria, sociale, vicinanza, ecc. ecc. le vogliamo utilizzare negli slogan pre e post elettorali?)

Questo argomento va affrontato proprio perché ci troviamo in un periodo delicato come quello che stiamo attualmente vivendo.

Si diceva, prevenire è meglio che curare, ma sembra che il numero di politici e addetti a determinate tematiche siano sempre di più interessati a fare orecchie da mercante, e che tale atteggiamento sia oramai culturalmente diffuso nei confronti di una argomentazione così delicata, che porta sempre di più ad una immane ecatombe sociale…

Dott. Mario Mirabelli

Consulente Aziendale Modena



Fonte dei dati:

Osservatorio suicidi per motivazioni economiche

Università di Padova

Università degli Studi Link Campus University

Istat


mercoledì 15 gennaio 2020

PIL PRODOTTO INTERNO LORDO EMILIA ROMAGNA E CALABRIA

PRODOTTO INTERNO LORDO EMILIA ROMAGNA E CALABRIA

Come dico da più di venti anni, una cosa è la stima altro è il dato statistico non modificabile perché rappresenta la realtà numerica, l''Istat, (Istituto nazionale di statistica quindi non ente privato), pubblica a fine dicembre, un dettagliato report sui Conti economici territoriali, nel quale sono riportate le variazioni della crescita del Pil delle singole regioni italiane. 

Dette percentuali (così come la stessa Istat ha spiegato) sono tuttavia soggette a variazioni da un anno all'altro, ogni volta che l’Istituto aggiorna i dati, la banca dati dell’Istat, che contiene il valore del Pil per ogni regione italiana, considerando il periodo che arriva al 2017, rielaborando in una tabella le singole variazioni di anno in anno. Stando ai dati, l’Emilia-Romagna non si è mai piazzata al primo posto come regione con la maggiore crescita del Pil in Italia.
Nel 2015 il suo Pil era sì aumentato dell’1,98%, ma in termini di crescita quella era appena la decima migliore prestazione tra le 20 regioni italiane. 
Questo, si ribadisce, secondo i dati Istat più aggiornati al dicembre scorso, che arrivano oggi fino al 2017. Si è in attesa del dato del 2018 che è in fase di pubblicazione (doveva essere disponibile già dal 31/12/2019).
L’Emilia-Romagna si prospettava al vertice della crescita tra le regioni italiane, sia nel 2018, sia per il 2019, ma è statisticamente impossibile rispettare tale obiettivo. Ma questa previsione (che è ancora tutta da verificare con i nuovi dati) si basa sulle stime di crescita dei Pil regionali fatta da un’azienda italiana di consulenza e di ricerca economica. Ma neppure 'Prometeia' però parla mai di Emilia-Romagna come prima regione classificata in Italia negli ultimi 5 anni per aumento del Pil.
L'ULTIMO DATO UTILE ALLA DATA ODIERNA 16/01/2020 E' QUELLO PUBBLICATO NEL DICEMBRE 2018 RIFERITO AL 2017. TUTTI I DATI PUBBLICATI SONO IPOTETICHE STIME.

PIL EMILIA ROMAGNA RISPETTO ALLA CLASSIFICA NAZIONALE
2014 + 1,00%  2015 + 0,90% 2016 + 1,40%  2017 + 1,80%

PIL CALABRIA RISPETTO ALLA CLASSIFICA NAZIONALE
2014 - 0,80% 2015 + 1,10% 2016 - 0,90% 2017 1,10%

FONTE ISTAT

venerdì 24 agosto 2018

NAVE DICIOTTI E LA GESTIONE ITALIANA 24.08.2018

DI SEGUITO UNA CONDIVISIBILE VISIONE SULLA SITUAZIONE DELLA NAVE DICIOTTI DA PARTE DELL'AMICO MICHELE IOVINE.


DICIOTTI
Il reato di sequestro di persona non è minimamente configurabile. Non diciamo eresie. Il diritto penale non c'entra niente con ciò che sta accadendo.
C'è un problema relativo alla legge 300/88, quella cioè che disciplina le competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. E il problema è che il ministro dell'Interno pretende di decidere su materie di stretta spettanza dei titolari di Difesa e Trasporti.
È un problema, certo, ma è un problema politico. La legge 300/88 non solo non è sanzionata penalmente, ma non è sanzionata affatto.
Dice: "E il fatto che un signore [Salvini], che non ha alcun potere in materia perché ce l'hanno i suoi colleghi, decide al loro posto tenendo chiuse dentro una imbarcazione più di cento persone, non viola un loro diritto soggettivo?".
Di norma sì. Praticamente è come se avessimo interferito noi, nelle attribuzioni di Toninelli e Trenta. Uguale. Salvini, rispetto alle competenze dei suoi colleghi, ha la stessa titolarità ad ingerire che abbiamo voi ed io. Ha fatto come se io, che non sono un vigile urbano, passando per strada facessi le multe alle macchine in sosta vietata. Violerei un diritto soggettivo degli automobilisti. Il diritto soggettivo si ritiene violato tutte le volte che taluno esercita un potere inesistente, un potere che non ha: e io non ho il potere di elevare contravvenzioni; se invece un vigile urbano, un vigile urbano vero, facesse una multa che non dovrebbe fare, violerebbe solo un interesse legittimo (non quindi un diritto soggettivo) dell'automobilista, perché in quel caso, perlomeno, il potere in capo a quel soggetto esisterebbe. (Ho riassunto brutalmente).
Salvini non ha potere alcuno. Quindi a che titolo - ci si chiede - tiene chiuse dentro una nave cento persone?
1. La forma è salva, perché il provvedimento è sempre formalmente adottato dai titolari del Ministeri competenti (almeno spero). Se questi obbediscono a Salvini invece di decidere con la propria testa, ciò è grave ma è un fatto politico, attiene ai rapporti tra persone e tra correnti, a sudditanze interne, a voci prevalenti sulle altre. Niente che interessi alla magistratura.
2. I migranti nei centri di accoglienza possono forse muoversi? Possiamo forse asserire che lo Stato, tutte le volte che intima a qualcuno di restare in un determinato posto per un determinato periodo di tempo, lo sequestra?
L'art. 16 della Costituzione stabilisce: "Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche". I motivi di sanità e di sicurezza, quindi, possono ben vincolare anche i cittadini, nella loro libertà di movimento; figurarsi i non cittadini. Figurarsi i clandestini.
3. E' presumibile o no, è pensabile o no, che un governo si prenda qualche giorno di tempo per rappresentare e per imporre le proprie esigenze in sede europea?
Dice: "Ma la Diciotti è una nave italiana". Infatti è di per sé suolo italiano, e si trova in acque italiane. Non parliamo di un respingimento. Anzi: la nostra Guardia Costiera ha recuperato queste persone in acque territoriali maltesi, e avrebbe quindi ben potuto consegnarle alla Repubblica di Malta.
Al più è tutto un discreto cortocircuito. Ma non c'è sequestro. La magistratura non si imbranchi nell'ennesimo processo politico.
Di Salvini penso quel che ha scritto Cugia: "Un energumeno dal cervello piccolo, poco dotato culturalmente, dal vocabolario approssimativo, inadeguato al ruolo. (...) Un vero statista non perde tempo su Facebook o Twitter a eccitare la gentarella bagonga come lui".
Ma ha il grosso merito - che è poi un demerito altrui - di imbattersi sempre in nemici ancor più baggiani di lui, cialtroni in egual misura e perdipiù dalla parte sbagliata della lotta e della barricata. Non c'è un solo buon motivo, essendo sani di mente, per sperare nella invasione nera e islamista dell'Italia e dell'Europa; non c'è un solo buon motivo, essendo sani di mente, per importare gente senza arte né parte in un Paese in cui non si vive d'altro che di lavoro e in cui il lavoro già non c'è per chi c'è nato; non c'è un solo buon motivo, essendo sani di mente, per curarsi del lontano più che del vicino (ha gioco facile ma ha perfettamente ragione chi rinfaccia al Pd e alla sinistra in genere assoluta disparità di sensibilità e di trattamento rispetto ai guai degli Italiani); non c'è un solo buon motivo, essendo sani di mente, per inasprire le tensioni sociali pur di raccontarsi per forza che culture diversissime ed incompatibili tra loro possano coesistere e che la concorrenza al ribasso sui salari (primo effetto macroeconomico dell'invasione) sia solo il minimo prezzo dell'affratellamento tra le genti.
E non c'è un solo buon motivo, essendo sani di mente, per mettere sotto processo un essere vacante e vaniloquente quanto vogliamo, dall'aria eternamente avvinazzata, creato ad arte e reso personaggio televisivo domestico, compagnone e marchio di consumo immediato da comunicatori semplici e incisivi, che però per davvero non ha fatto nulla e nulla sta facendo se non un minimo d'ordine all'ingresso in un Paese che ha una storia e che era diventato terra di nessuno.

sabato 9 gennaio 2016

LA FREGATURA DEL BAIL IN

Se per esempio (ma non solo), un indicatore divenuto importante per rilevare lo ‘stato di salute’ di un istituto bancario è il Common equity tier 1 (Cet1), indicatore che rapporta il patrimonio netto della banca (capitale sociale più riserve) ai rischi assunti, ovvero si misura il totale delle attività poderate per il rischio.

Le norme europee prevedono come ‘pavimento minimo’ per le banche un Cet1 Ratio dell’8%, che equivale a dire che una banca può effettuare investimenti (finanziamenti, prestiti, mutui,investimenti su titoli ecc) ponderati per il rischio superiori a 12,5 volte il capitale proprio. Più questo indicatore è elevato, maggiore dovrebbe essere la solidità dell’istituto, ovvero lacapacità di affrontare eventuali scenari negativi. In generale un livello sotto il 9% non è considerato sufficiente, e sotto l’8% è assolutamente a rischio.

ISTITUTO BANCARIO
CET1 (%)
Banca Popolare di Vicenza 6,80
Veneto Banca 7,12
Banca Popolare di Sondrio 10,14
Unicredit Banca 10,53
Gruppo Banco Desio 10,60
Mediobanca 11,00
Banca Sella 11,13
Banca Popolare di Milano 11,35
Credito Valtellinese 11,40
Banca Popolare dell’Emilia Romagna 11,50
Deutsche Bank 11,50
Monte Dei Paschi di Siena 11,70
Credem 11,77
Banca Carige 12,20
Gruppo Bancario Banco Popolare 12,30
Che Banca! 12,45
Ubi Banca Popolare Commercio e Industria 12,90
Intesa San Paolo 12,40
Banca Generali 13,40
Banca Ifigest 14,625
Gruppo Banca Ifis 15,34
Unipol 17,60
Banca Mediolanum 18,50
Fineco 20,79